di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Ma quali dazi di Trump! “sono anni che L’Europa si autoimpone dazi da sola…..” – ci avverte, su quello che sapevamo già, Mario Draghi dalle colonne del quotidiano finanziario londinese il Financial Time; quello che ormai è divento il suo “megafono” abituale, attraverso il quale da quando ha abbandonato le poltrone istituzionali ci spiega che l’acqua bagna e il sole asciuga.
Sì, la metafora non è per niente fuori luogo, perché da quando Draghi ha terminato il suo mandato da presidente del nostro governo, pare aver dedicato molto tempo al ripasso di quelli che sono i principi della dottrina economia più basilare, visto che non perde occasione per sconfessare tutto quello che ha sostenuto in questi anni in fatto di moneta, debito pubblico e deficit dei governi. Riportando il dibattito dentro i confini di quella che è appunto la palese verità su questi temi, inquinati dalle idee neoliberiste che lui stesso ha messo in pratica senza esitare, durante il suo mandato alla Banca Centrale Europea e quando ha ricoperto ruoli centrali dentro le nostre istituzioni.
In effetti confermare che l’austerità fa male è come dire che l’acqua bagna e che senza deficit da parte dei governi non si cresce è come affermare che il sole asciuga.
Di fronte ad un Donald Trump scatenato che minaccia di tassare il mondo, Draghi non mostra paura verso l’azione del Tycoon americano, ma quello che invece lo preoccupa è che in Europa si continui a fare tutto quanto di sbagliato è stato fatto in questi anni in quanto a politiche economiche. Sono le politiche di austerità e la forte pressione fiscale imposte per contenere i debiti degli Stati – sostiene in pratica Draghi (a ragione, ndr) – i veri dazi che hanno colpito l’Europa e non quelli che vorrebbe imporre adesso la nuova amministrazione americana.
“E’ necessario un cambiamento radicale“, scrive l’ex primo ministro ed ex presidente della Banca Centrale Europea. Un cambiamento che consiste in un uso più proattivo delle politiche fiscali e un abbattimento delle barriere interne per favorire l’innovazione e ridurre la dipendenza dalle esportazioni.
Quindi, abbandonare il sogno di una politica mercantilista che ha guidato fin dalla sua nascita la follia del sogno europeo. Non possiamo esportare tutti e quindi mettere le nostre economie e il nostro destino nelle mani e nei portafogli degli altri, quando non è per niente necessario e soprattutto possiamo fare da soli, è puro autolesionismo.
“Abbattere le barriere interne per favorire l’innovazione e ridurre la dipendenza dalle esportazioni”, è un modo diplomatico e furbo per non dire alla gente, che le barriere corrispondono ai soldi. Se invece che far consumare gli altri, vogliamo consumare noi, è chiaro che occorre avere in tasca il denaro per acquistare quella produzione che prima era destinata ad essere consumata fuori dal paese. Lo stesso vale per “l’innovazione”. Se vogliamo innovare occorre spendere e quindi ricreare quella capacità di spesa appositamente distrutta per via delle note misure di austerità.
Insomma, dobbiamo fare l’esatto contrario di quello che abbiamo fatto fino ad oggi. Trasformare gli avanzi primari dei nostri governi in deficit sufficienti per occupazione e consumi. E questa volta ce lo dice anche Mario Draghi.
“Un uso più proattivo della politica fiscale, sotto forma di maggiori investimenti produttivi, contribuirebbe a ridurre i surplus commerciali e invierebbe un forte segnale alle aziende affinché investano di più in ricerca e sviluppo”, afferma Draghi, esortando “un cambiamento fondamentale di mentalità”: “Finora, l’Europa si è concentrata su obiettivi singoli o nazionali senza calcolarne il costo collettivo”.
Draghi che torna ad incoraggiare un uso “proattivo” delle politiche fiscali, rimettendole al centro dei nostri sistemi economici. Deficit dei governi e debito pubblico improvvisamente non sono più un problema e i surplus commerciali non più una necessità. Sembra quasi di essersi svegliati da un brutto sogno, dove tutte queste cose le ripeteva Warren Mosler e tutti lo deridevano. Ma oggi le dice anche Draghi, allora sono vere!
“L’Europa si è concentrata su obbiettivi singoli, senza calcolare il costo collettivo”, aggiunge Draghi, sempre con quella sua solita maestria nella parola, per non far intendere che le politiche messe in atto fino ad oggi erano finalizzate a salvaguardare gli interessi di pochi a discapito della maggioranza (“l’interesse collettivo”, ndr).
Ma Draghi insiste molto sul problema “barriere interne” alla UE: “le barriere interne sono un retaggio di tempi in cui lo stato nazionale era la cornice naturale per l’azione – afferma -. Ma è ormai chiaro che agire in questo modo non ha portato né benessere agli europei, né finanze pubbliche sane, né tantomeno autonomia nazionale”. E quando Draghi insiste non lo fa mai a caso. Non ci facciamo ingannare da questo improvviso cambiamento di “SuperMario”, l’abbattimento delle barriere ha un solo ed unico scopo: quello di eliminare gli stati nazionali ed unirli in una Federazione, per arrivare agli Stati Uniti d’Europa (USE), desiderio ultimo di Draghi e dei poteri elitari che lo comandano.
Del resto la strada per arrivare ad unire definitivamente l’Europa e renderla sovrana, non è poi così lontana. Lo scorporo ormai già deciso dal Patto di Stabilità, delle spese per una difesa comune è il passo da cui non si tornerà più indietro. La forza di un esercito europeo costituito e formato, vale più di ogni Costituzione e di eventuali rivendicazioni di sovranità nazionali anche se messe in atto da una maggioranza.
di Megas Alexandros
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