di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Improvvisamente, per l’Italia sfidare la Germania è diventato possibile. Questo, sia ben compreso, solo perché serve ai “poteri” di casa nostra.
Quando per lunghi anni, dall’entrata nell’euro – per dare lavoro e rendere più lievi le sofferenze degli italiani – serviva scontrarsi di fronte ai diktat sulle politiche di bilancio (apparentemente imposti dai governi di Berlino), stampa e politici all’unisono non hanno smesso un attimo di raccontarci che niente si poteva fare contro i tedeschi brutti e cattivi e gli inviolabili trattati, firmati con il favore delle tenebre, da governi al servizio degli stessi poteri profondi che oggi sono pronti alle barricate pur di percorrere quei passi fondamentali indicati da Draghi, che servono esclusivamente a mantenere in piedi il progetto predatorio, di matrice elitaria, fondato sulla moneta Euro.
Ecco, chi ha sempre creduto a questa favola, oggi ha tutte le motivazioni per ricredersi. Ogni elemento comprovato dai fatti – a partire dall’evidente e massiccia direzione verso l’alto, presa in questi anni, dai flussi di denaro che hanno allargato fino alla rottura la scala sociale del paese, per finire a chi sono riconducibili le odierne schermaglie sull’assalto di UniCredit a Commerzbank – ci mostrano come a tenerci dentro l’Euro, non sono certamente i poteri europei con in testa i tedeschi, bensì quelli di casa nostra.
Del resto è sufficiente comprendere dove è diretto il report di Draghi, sostenuto senza esitazione, da tutto il nostro sistema dei partiti, per rendere estremamente chiaro che il nostro deep-state di uscire dalla gabbia dell’euro non ci pensa minimamente. Anzi, a differenza di altri paesi europei con la Germania in testa, le spinte più forti verso quelle definitive cessioni di sovranità, messe nero su bianco da Draghi, arrivano proprio dai maggiori esponenti delle nostre principali istituzioni.
Improvvisamente dopo che per anni sui nostri mezzi di informazione si propaganda lo shopping selvaggio di francesi e tedeschi sui nostri asset – prospettando un paese in svendita per rendere credibile agli italiani la necessità delle misure austere lacrime e sangue – da qualche giorno il vento nel belpaese pare decisamente cambiato.
Si legge di assalti ripetuti da parte di un nostro gruppo bancario primario ad una delle banche tedesche più importanti.
Cosa è cambiato?
Siamo forse stati travolti da un boom economico così talmente grande, improvviso e fugace tanto che le tasche degli italiani non se ne sono neppure accorte?
Niente di tutto questo!
Le tasche degli italiani sono sempre più vuote, quello sì! ma nessun boom economico ha attraversato il paese, nonostante la propaganda che da alcuni mesi presenta la penisola come la nuova “locomotiva” d’Europa per uno zero virgola zero di crescita del nostro Pil rispetto ad una Germania che sta entrando in quel tunnel chiamato recessione dentro al quale noi siamo ormai albergati da anni.
Allora cosa succede?
Succede che oggi il nemico numero uno per i poteri italiani e l’Euro, sono proprio i poteri tedeschi e quella Germania che, come da novella mainstream vuole, erano coloro che ci tenevano stretti dentro questa gabbia.
Ora, se i tedeschi, fortemente contrari al piano Draghi per arrivare agli Stati Uniti d’Europa, uscissero dall’euro; capite bene come andrebbe a cadere tutta questa narrativa raccontata per decenni a noi italiani.
Ed allora ecco che a fronte della messa in liquidazione del piano Draghi da parte del governo di Berlino, a Roma e Bruxelles hanno deciso di usare le maniere forti per provare a piegare quei poteri tedeschi che vedono il loro futuro molto più roseo con il gas di Putin che dentro il debito comune di questa disastrata unione monetaria.
Per iniziare a far ragionare i tedeschi, la mano italiana e di quel mondo occidentale a cui appartengono le nostre fratellanze è stata subito pesante. L’attacco diretto di Unicredit al capitale di Commerzbank, è il primo atto di messa in pratica di uno dei punti fondamentali contenuti nel report prodotto da Mario Draghi.
Del resto per capire che l’attacco alla Germania arriva direttamente da quel potere occidentale che ha ideato l’euro ed unito l’Europa per saccheggiare popoli e nazioni, è sufficiente dare un occhio a chi appartengono quote importanti del capitale azionario dei due gruppi bancari:
In entrambi spicca la presenza ingombrante dei due colossi statunitensi della finanza mondiale, Blackrock e Vanguard Group, con la medesima quota di partecipazione. E’ difficile immaginare che l’iniziativa di Unicredit per arrivare ad una quota di capitale così importante dentro Commerzbank, non sia stata “benedetta” da oltreoceano.
Vale la pena ricordare che Blackrock e Vanguard, insieme a State Street Corporation, controllano anche il settore cruciale delle agenzie di rating. Una tale dimensionalità, dove lo spostare l’investimento da un settore ad un altro, o solo poter condizionare una Agenzia di Rating ad emettere un giudizio sul debito sovrano di uno Stato, può condizionare per anni un qualsiasi mercato azionario mondiale regolamentato. E non è più un mistero che il potere, quello vero, quello che può determinare spread, inflazione, ecc. oggi non è più nelle mani della Politica, ma è stato appaltato a queste tre società per le quali, non a caso si parla di The Specter of Giant Three.
Per ben due volte, infischiandosene del conflitto di interessi, Mario Draghi, durante il suo mandato a Francoforte ha fatto ricorso a Blackrock per attività di consulenza: nel 2014 chiama BlackRock Solutions per disegnare un programma di acquisto di titoli garantiti (Abs) e nel 2016 per preparare gli stress test di 39 banche sistemiche europee, banche di cui spesso BlackRock è azionista rilevante.
Il filo che lega quindi la UE e Draghi a questi centri di potere è più che evidente, come è altrettanto evidente che la strada tracciata per arrivare ad accentrare in pochissime mani oltre che i soldi anche la proprietà di aziende ed asset strategici, arrivi direttamente da loro stessi.
Draghi nel suo recente rapporto presentato alle istituzioni europee, chiede infatti che nei settori strategici si vada verso una maggiore integrazione di filiera, consolidamenti e, in prospettiva, fusioni transfrontaliere tra grandi gruppi. Un fatto che nel mondo bancario europeo è stato rarissimo, e al massimo legato a scalate da parte di banche di grande taglia su istituti minori (come l’attività di Credit Agricole in Italia insegna).
Certo, c’è un avallo al consolidamento da parte della Banca centrale europea per spingere a unire attività e creare economie di scala e Draghi, ex presidente della Bce, interviene in un contesto già segnato da diverse ricerche come il paper dell’Eurotower del 2021, Bank mergers and acquisitions in the euro area: drivers and implications for bank performance, che invita a costruire processi di fusione per aumentare il reddito. Un processo, questo, che in Italia abbiamo visto all’opera da tempo.
Dopo che Unicredit ha fatto sapere di aver chiesto alla Bce l’autorizzazione per poter salire, dal 9% attuale, fino al 29,9% del capitale della banca di Francoforte e di aver già sottoscritto opzioni per poter arrivare al 21%, come era logico immaginarsi, è arrivato il categorico stop da parte della Cancelleria di Berlino, dato che Olaf Scholz come Giorgia Meloni, si trovava a New York per l’Assemblea generale dell’Onu:
“attacchi non amichevoli, acquisizioni ostili, non sono mai una cosa positiva per le banche”
0 commenti