di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Il debito pubblico italiano, improvvisamente, non è più un problema. A dirlo non è Warren Mosler e gli economisti “irresponsabili” che gravitano intorno alla Modern Monetary Theory (MMT), ma, manco a dirlo, la Banca d’Italia.
Nonostante la sua crescita continua, che lo ha portato a superare la soglia dei 3 mila miliardi, da Palazzo Koch, con l’ultimo report uscito a gennaio, tengono a dirci che nulla abbiamo da temere per il suo incremento.
Pensate, una crescita della nostra economia che per il 2024 pare attestarsi ben al di sotto dell’uno per cento stimato da Palazzo Chigi, sarebbe il motivo di così tanto entusiasmo da parte del nostro governo e l’evento “glaciale” che ha consentito dopo decenni, di far sparire ogni paura in riferimento al nostro debito, dentro le stanze romane dove operano gli economisti alle dipendenze della nostra Banca centrale.
E’ sempre la Banca d’Italia a fornirci la classica “lezioncina” di matrice neoliberal, spiegandoci che ciò che rileva per valutare lo stato di salute delle finanze pubbliche di un paese non è tanto il debito in termini nominali, quanto la capacità di farvi fronte. Ma anche prostituendoci intellettualmente, fino ad arrivare a ragionare in termini di Stato-impresa, come ormai sono abituati a fare dentro le istituzioni, dal momento che tale capacità avrebbe molto a che fare con la crescita economica, si fa fatica a rendere credibile la trama che collega una crescita economica italiana, smentita dai numeri, e la fine di tutte le paure sul nostro debito.
Come vedete, dentro le principali istituzioni del paese, si va avanti di paradosso in paradosso, quello che per anni ci è stato presentato come il pericolo più grande per il nostro presente e il futuro dei nostri figli, oggi, improvvisamente e senza ragion di logica a giustificazione di tale inversione di pensiero, non lo sarebbe più!
E se una crescita economica inesistente, la rende una giustificazione alquanto ridicola in merito al cambio di percezione sul nostro debito, ecco che i “pensatori” di Banca d’Italia, saltano subito sulla scialuppa di salvataggio, portando in favore della loro tesi il miglioramento del rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo (Pil). E se pur vero che nel triennio post-pandemia 2021-2023, tale rapporto è sceso di circa 19 punti percentuali (grazie all’inflazione e non certo per merito di una crescita in termini reali, ndr), già da quest’anno però tale discesa ha rilevato una inversione di tendenza; evento confermato anche dalle previsioni per i prossimi due anni.
Quindi, anche facendo finta che tale rapporto abbia un valore scientifico – dal momento che persino il suo inventore (l’economista francese Abeille) ha dichiarato esserne privo – facciamo nuovamente fatica a dare un senso di credibilità agli argomenti portati da Banca d’Italia a giustificazione del netto cambio di pensiero sulla pericolosità del nostro debito pubblico.
Infine, sempre da Palazzo Koch, provano a convincerci con l’ultimo “mantra”, quello che da sempre fa presa sull’opinione pubblica: i titoli di stato ed il loro gradimento presso i mercati, come prova della bontà dei conti pubblici. Mai come in questa fase i Btp sono i titoli di Stato più appetibili in Europa. A dimostrarlo sono le ultime due aste record promosse dal Mef con 270 miliardi di richiesta da parte degli investitori. Un risultato che il capo del Mef, il ministro Giorgetti, rivendica in modo ipocrita, come riconducibile all’ottimo lavoro svolto dal governo di cui fa parte.
Anche il tema dell’appena citato gradimento degli investitori sui nostri Btp, abbiamo visto in un articolo di pochi giorni fa, è un fuoco di paglia che non giustifica certamente il cambio di opinione sul nostro debito pubblico da parte di Bankit. E’ chiaro che tassi più alti imposti dalla Bce e quindi maggiori profitti in termini di interesse per i risparmiatori, fanno salire il gradimento verso una obbligazione.
Anzi, togliendo gli “occhiali” della MMT e guardando il tutto all’interno della stretta necessità, imposta ai governi dalle idee neoliberiste di agire dentro il pareggio di bilancio, un maggior costo per il servizio del debito, non è certo un dato incoraggiante per chi si appresta a servirlo. Senza contare il fatto che maggior finanza pubblica dedicata a consegnare un reddito a chi ha risparmio, toglie inevitabilmente denaro da investire per occupazione, consumi e investimenti, il cui impatto è certamente molto più produttivo per la crescita economica del paese rispetto alla spesa per interessi.
“La capacità per uno Stato sovrano di far fronte al proprio debito pubblico”, è ormai una frase ricorrente che assomiglia sempre più ad una barzelletta ascoltata al bar sotto casa che ad un concetto di dottrina economica. Ma considerando che ancora compare nei report di quella istituzione che più di ogni altra, insieme al Ministero del Tesoro, contribuisce a rendere effettiva la sovranità dello Stato in fatto di moneta, la cosa desta preoccupazione. Poiché, i funzionari pubblici che si rendono attivi nel scriverla e quindi condividerla, non solo si stanno facendo beffa degli italiani, ma addirittura la loro azione assume anche un carattere sovversivo.
Chi detiene il monopolio pubblico dell’emissione della moneta, è sempre in grado di provvedere ai suoi impegni, semplicemente stampando/creando la quantità di moneta che gli occorre. Questo, dentro le stanze di Banca d’Italia e al Ministero del Tesoro e delle Finanze, lo sanno benissimo. Sanno che l’ammontare del debito pubblico mai è stato un problema e mai lo sarà per chi esercita la sovranità sulla propria valuta. Ed il fatto che oggi per Bankit non sia più un problema, nonostante niente sia cambiato rispetto a quando lo era, è l’ulteriore prova che le cose stanno come da sempre afferma la MMT. Del resto tutti i debiti pubblici di ogni paese sulla terra crescono ininterrottamente da oltre 200 anni e mai nessun paese è stato oggetto della classica bancarotta tipica di chi non è emettitore di moneta in regime di monopolio. Quand’unque abbiamo assistito a un default da parte di alcuni stati sul proprio debito, questo è stato frutto di una decisione politica e non di una necessità tecnica derivante dalla mancanza di denaro. E anche dopo il default, i loro governi hanno continuato a spendere nello stesso identico modo con cui spendevano prima, ovvero creando “dal nulla” la propria valuta.
I default sul debito degli Stati, per essere più chiari, non colpiscono direttamente gli Stati stessi, ma bensì i risparmiatori, i quali si vedono azzerare i propri risparmi detenuti in titoli. Di fatto è una tassazione, assimilabile ad una grande patrimoniale, verso chi ha di più che in pratica si traduce in una distruzione di denaro dentro il settore privato. Niente impedisce ai governi di optare per una decisione diversa dal default, semplicemente rimborsando i titoli a chi li detiene attraverso una creazione monetaria come avviene con i noti programmi di monetizzazione messi in atto dalle banche centrali, quali il Quantitative easing.
L’operazione in sé per sé non sarebbe nemmeno inflattiva, dal momento che non si va ad aggiungere capacità di spesa tra chi opera nel settore privato. Si va solo a sostituire un conto di deposito (titoli) con un conto di riserva (soldi sul conto corrente). Al contrario il default, è del tutto deflattivo, poiché va a togliere capacità di spesa distruggendo di fatto, come detto, moneta in aggregato.
Per essere ancora più diretti e concreti, la scelta di optare per un default sul proprio debito da parte di un governo, risponde sempre più ad una volontà politica di creare la classica narrativa catastrofica per far accettare ai popoli le note misure di austerità e consegnare il paese nelle mani di coloro che intendono saccheggiarlo. Il tutto con l’apparente copertura democratica dei noti organismi quali il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Mondiale e il ben conosciuto ai paesi che compongono l’eurozona, Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).
Che dire di più! dobbiamo essere felici del fatto che anche dentro Banca d’Italia, finalmente, si sono volatilizzate tutte le paure riguardo al nostro debito pubblico. L’importante, per Voi che mi leggete, è avere buona memoria di quanto Vi ho appena esposto, per quando da Palazzo Koch torneranno a farvi credere il contrario.
di Megas Alexandros
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