La diversa gestione dei governi sui crediti fiscali ci dice chi realmente comanda nel paese

30 Luglio 2024 | Attualità, Economia, Politica | 0 commenti

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Individuare chi ci comanda realmente è il gioco più doloroso che ognuno di noi prova a fare nel proprio ed attuale quotidiano, caratterizzato purtroppo da una povertà economica e precarietà nel lavoro, sempre più crescente.

Nei sistemi economici in cui viviamo, quelli caratterizzati dall’uso della moneta cd fiat, è dimostrato che povertà e precarietà hanno un solo origine: la mancanza di moneta.

Dal momento che la moneta è di fatto un monopolio dello Stato – ovvero i governi ne detengono l’esclusività della sua creazione al netto – è palese che la scarsità della stessa debba essere ricondotta unicamente alla mancata azione in tal senso da parte degli esecutivi dei vari paesi.

Nello specifico dal non spenderla in quantità sufficiente!

Rendere scarso un qualcosa fa sì che aumenti il valore di chi quel qualcosa lo detiene. E di conseguenza rendere deliberatamente scarsa la moneta, conferisce quote di forza e potere inversamente proporzionali tra chi detiene la moneta e chi invece ne è sprovvisto.

La moneta come più volte spiegato nei miei articoli a livello tecnico è niente di più che un credito fiscale (tax-credit). Ciò è dimostrato non solo dal fatto che lo Stato emettitore ti concede con essa di pagare le tasse ma anche dal ciclo che la moneta stessa effettua dal momento della sua immissione nel settore privato per mezzo della spesa pubblica, dentro al quale ci rimane come risparmio fin quando qualcuno non la userà per pagarci le tasse.

La moneta moderna è un certificato di debito fiscale per lo Stato (una sua passività) e un certificato di credito fiscale per i cittadini (una loro attività). Viene creata dallo Stato con la spesa pubblica, in seguito all’acquisto di beni o servizi; viene distrutta tramite la tassazione, cui corrisponde l’estinzione del rapporto di debito/credito creatosi precedentemente tra Stato (emettitore della moneta) e cittadini (utilizzatori della moneta).

Negli ultimi anni tutti noi abbiamo sentito parlare dei crediti fiscali, proprio perché sono stati oggetto delle varie forme di spesa che i governi del nostro paese hanno messo in atto attraverso i famosi “bonus edilizi”.

Al netto dei molteplici “urli” di propaganda – con i quali a turno la nostra classe politica, a seconda di dove fosse seduta, ha gettato discredito sulle varie misure di spesa finanziate con lo strumento dei crediti fiscali, a partire da quella sul “Superbonus 110” – se abbiamo compreso quello che ho appena spiegato, spendere per un governo attraverso la creazione di crediti fiscali è la medesima cosa che spendere creando moneta.

Non solo, quello di cui dovete essere certi è anche che spendere con tax-credit denominati in euro, per il nostro governo è l’equivalente che spendere moneta-euro.

Allora vi chiederete: cosa c’è che non va nello spendere attraverso lo strumento dei crediti fiscali?

Lo Stato che spende creando moneta dal nulla senza far finta di prenderla a prestito però, per i poteri che da secoli ci comandano, ha lo stesso valore che avrebbe svelare al mondo il mistero del Santo Graal, la leggendaria coppa con la quale Gesù celebrò l’Ultima Cena e nella quale Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue sgorgato dal suo costato trafitto dalla Lancia del centurione romano Longino durante la crocifissione.

In pratica, quanto avvenuto con il Superbonus ed i vari bonus di contorno, oltre a contribuire a rendere edotti i popoli non credenti sul fatto che lo Stato può spendere in libertà senza ricorrere a l’intervento di terzi, contemporaneamente ha rappresentato anche l’affronto più alto per le nostre élite, che da secoli si adoperano incessantemente a tenere ben nascosta questa verità.

Il tremendo affronto non si è fermato ai lor signori, ma bensì è arrivato diretto al bersaglio anche a tutta quella marmaglia mista tra ignoranti ed opportunisti che racchiude un ampio ventaglio di soggetti che vanno dal politico di basso profilo fino ai noti siti della così detta informazione indipendente, che da anni fondano la loro visibilità sulla stessa narrativa.

E’ tutta colpa dell’Euro, della UE e della NATO affrancando di conseguenza la classe politica e dirigenziale del paese da ogni minima responsabilità in merito, è stato appunto il messaggio con cui, anche certi siti e blog dichiaratisi sovranisti, hanno riempito e tutt’ora riempiono le nostre letture quotidiane.

Quante volte abbiamo letto con commenti al seguito, articoli avventurosi di fantasiosi esperti in geopolitica che cercano di convincerci che niente si può fare per le nostre vite per il solo motivo di avere le basi americane sul nostro suolo.

Se potessimo fare una statistica, la frase “siamo una colonia americana” è forse quella più scritta stante la mole numerica dei fantasiosi complottisti di cui si cibano sia i suddetti siti dichiaratisi indipendenti che l’informazione mainstream.

Non sono certo qui per smentire che – non gli americani intesi come popolo – ma la loro élite, imperversi da secoli per il mondo a raccattare colonie. Ma credere o far credere che le élite locali stiano ferme immobili a farsi saccheggiare privandosi dei loro beni e risparmi, è veramente esercizio di pura fantasia che in certi casi arriva persino alla malafede.

Tra una colonia – portaerei americana per dimensioni nel mediterraneo – quale è l’Isola di Cipro dove la tassazione è al 12,50% e la colonia americana quale ci dicono apparteniamo noi abitanti del belpaese, dove l’imposizione fiscale totale sfiora il 70% – se permettete c’è una bella differenza!

E non credo che dette percentuali sulle dimensioni del fisco a livello locale, le detti direttamente il Biden o il Trump di turno!

Altrimenti sarebbero le stesse, non vi sembra logico?!

Certo riguardo alle questioni più importanti a livello di influenza di aree nel quadro mondiale ogni paese risponde ad un padrone. Ma riguardo alle politiche nazionali ed in particolar modo per quanto ci interessa a noi popolo, la politica fiscale è dettata unicamente dalle élite di comando locali. In definitiva sono in gioco i loro interessi particolari ed è alquanto logico che siano loro stessi a dare un preciso indirizzo su dove allocare la spesa del governo e quanto debba essere grande il saccheggio del risparmio degli italiani.

Quanto ho appena affermato non è frutto della mia fantasia, ma della pura analisi della realtà. E’ proprio analizzando l’argomento dei crediti fiscali in questione, che si arriva a confermare che gli “americani” oppure i poteri europei, non c’entrano proprio niente con il blocco alla trasferibilità dei crediti fiscali messo in atto da Draghi prima e Meloni poi.

Questa è una decisione nata e messa in atto dentro le mura del nostro governo.

Negli Usa i crediti di imposta cedibili o rimborsabili sono un caposaldo delle politiche di rilancio dell’economia e di sostegno al reddito dei lavoratori poveri. In Italia, invece, reddito di cittadinanza e crediti su bonus edilizi sono malvisti.

I crediti fiscali cedibili rappresentano uno dei pilastri del recente piano di rilancio dell’economia statunitense noto come Inflation Reduction Act (Ira) e, soprattutto, sono lo strumento principale per il sostegno al reddito degli “occupabili” americani: il programma Eitc (earned income tax credit), che è pressappoco la versione americana del nostro Reddito di cittadinanza. Negli Usa, dunque, sono state elaborate misure di politica economica efficaci e sostenibili proprio partendo da quelli che da noi sono considerati due temi di polemiche.

Il programma Eitc esiste almeno dalla prima metà degli anni Settanta, ma vanta precedenti fin dagli anni Venti e utilizza proprio i crediti fiscali cedibili per integrare il reddito di chi non guadagna abbastanza per vivere in modo dignitoso. Il funzionamento è semplice: per ogni dollaro guadagnato lavorando (anche in proprio), lo stato riconosce un credito di imposta che varia con il livello di reddito e la composizione della famiglia e che si azzera oltre una certa soglia. Visto che è improbabile che i beneficiari possano accumulare oneri fiscali superiori ai crediti riconosciuti tramite l’Eitc, le somme possono essere rimborsate, cedute ad altri contribuenti o monetizzate presso banche e altre agenzie autorizzate (seppure con commissioni non trascurabili).

L’Eitc prevede una fascia di reddito iniziale (phasing in), che a seconda dei carichi familiari va attualmente da circa 10 mila a 15 mila dollari l’anno, nella quale il sussidio cresce in proporzione ai proventi ottenuti direttamente dal beneficiario col proprio lavoro. Ciò stimola la ricerca di occupazioni più remunerative, scoraggiando invece impieghi precari e mal retribuiti, che fruttano sussidi inferiori. L’incentivo non basta a risolvere il problema della “cattiva” occupazione, ma almeno aiuta a combatterlo, al contrario della penalizzazione prevista dal vecchio Reddito di cittadinanza e dal nuovo Assegno di inclusione (con una piccola franchigia) per chi ha una occupazione.

I governi degli Stati Uniti negli anni, a differenza dei nostri, si sono ben guardati dal bloccare il trasferimento dei crediti fiscali, anzi la caratteristica fondamentale del Eitc e degli altri crediti fiscali previsti dal regime fiscale Usa è proprio la loro trasferibilità ad altri soggetti. Nel 2021, l’Eitc ha distribuito a circa 30 milioni di beneficiari 71 miliardi di dollari e, di questi, 69 sono stati ceduti e monetizzati.

La normativa fiscale sulla cessione dei crediti ha consentito lo sviluppo di agenzie che offrono anticipazioni sui crediti a cui si ha diritto (in alcuni casi gratuitamente, soprattutto se il contribuente vi si rivolge anche per la compilazione della propria dichiarazione dei redditi) e di piattaforme per lo scambio dei crediti fiscali.

Dunque come vedete oltreoceano la strada intraprese riguardo alla trasferibilità dei crediti fiscali è del tutto opposta rispetto a quella messa in atto dal nostro governo. Quindi è bene che gli italiani che intendono lottare per migliorare le loro vite, volgano lo sguardo altrove per quanto riguarda il loro carnefice.

Dobbiamo abbandonare ogni sorta di fantasiosa propaganda di massa che da sempre ci spinge a guardare la luna (i poteri d’oltreoceano) per non guardare il dito (i nostri politici che operano nelle stanze di governo).

L’eterna battaglia in corso nel mondo fin dalla sua nascita, non è combattuta tra i vari paesi ma bensì, è in tutto e per tutto una lotta di classe che trova il suo campo dentro i confini delle sovranità nazionali. Una battaglia che arriva fin dentro le unità locali del paese, dove ristrette élite a carattere masso-mafioso, operano in piena libertà sostenute a livello delle nostre istituzioni centrali, poiché appartenenti ad un sistema ormai consolidato che si è impossessato in modo definitivo delle istituzioni stesse.

E’ fondamentale che tutti noi torniamo a ragionare con la nostra testa e temi semplici da comprendere, come la differente gestione dei crediti fiscali tra i vari paesi, ci devono far riflettere e comprendere chi realmente comanda nel nostro paese.

Individuare chi è il nostro nemico ci aiuta a combatterlo!

di Megas Alexandros

 

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MEGA ALEXANDROS (ALIAS FABIO BONCIANI)

Economista
Modern Monetary Theory specialist
Author of ComeDonChishiotte