di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
“L’Europa cambi o sarà una lenta agonia”, grida pochi giorni fa Mario Draghi – “L’Europa cresce troppo poco, deve investire più denaro pubblico” “il motore franco-tedesco è indebolito”, ci avverte ora Pierre Moscovici.
Un cambio di rotta a trecentosessanta gradi talmente evidente, quello dell’ex governatore della Banca centrale Europea e l’ex commissario UE, che oltre a renderli poco credibili per il futuro, assume il significato di una vera e propria confessione di quanto il loro operato non fosse dettato dalle rispettive coscienze ma dagli interessi di quei poteri profondi che ormai agiscono indisturbati dentro tutte le principali istituzioni.
Sono stati proprio Draghi e Moscovici, principali attori del sostegno fideistico delle politiche economiche lacrime e sangue, ha condurre la Grecia prima, l’Italia poi ed oggi l’Europa intera alle soglie del terzo mondo, in fatto di prosperità economica, lavoro e diritti umani.
E’ chiaro che, riguardo alle responsabilità di chi ha costruito e tutt’ora mantiene questa scellerata unione monetaria, non è mia intenzione puntare il dito solo su due nomi tralasciando il resto dell’ampia baracca, dal momento che tutte quelle che sono state le falsità in tema di debito e moneta, sono state sostenute con forza negli anni dalla maggioranza dei rappresentanti istituzionali dei paesi membri e dalla totalità dei mezzi di informazione. Ma cominciare a fare i nomi è sicuramente il modo migliore per mettere in guardia i popoli affinché non siano le stesse persone a gestire questa fase di apparente ricostruzione.
Oggi, d’improvviso, sembra di vivere in un mondo capovolto!
L’aumento dei debiti pubblici, che era il male assoluto, oggi ci vene presentato da coloro che ritenevano indispensabile ridurli, come la soluzione ai nostri problemi. La spesa in deficit dei governi, fortemente limitata dai noti parametri di Maastricht, oggi Draghi, ci dice essere necessaria ed urgente, altrimenti i popoli “continueranno a essere ogni anno più poveri”.
Insomma, un cambio di rotta così evidente sotto gli occhi di tutti ma che pochi hanno la sensibilità, le competenze e non ultimo l’interesse ad evidenziare le nette contraddizioni con il passato ed addebitare nel dettaglio a questi personaggi – che oggi si propongono come i salvatori – le loro nette responsabilità per averci condotti nel baratro.
Per certo, questo interesse non ce l’ha la “stampa” che guida da sempre l’opinione pubblica con la forza di un lenone ben addomesticato dal Potere sempre abile nel rivoltare la narrativa quando gli interessi di chi la foraggia lo richiede.
La Grecia presentata pochi anni fa, come il malato terminale in Europa e prossima al fallimento, solo per poter mostrare agli altri paesi membri la fine che avrebbero fatto, qualora non avessero aderito ai diktat di Bruxelles e Francoforte; è notizia di questi giorni, pare aver preso il posto della Germania in termini di traino economico per il continente europeo.
Titola il quotidiano finanziario Milano Finanza (MF):
Questo titolo dice tutto e mostra come oggi il messaggio da far passare è totalmente capovolto. Oggi, in Europa il problema non sono più i PIIGS ai quali impartire le politiche economiche di estrema austerità per ingrassare le élite nazionali ed europee. Oggi, il “cruccio” che non fa dormire la notte chi ci comanda, sono le posizioni di quei paesi del nord come la Germania, che non intendono per niente aderire al piano-Draghi con il quale si vuole arrivare agli Stati Uniti d’Europa (USE), per continuare il saccheggio.
I tedeschi – vuoi per cultura, vuoi perché i cromosomi della loro classe elitaria (quella che conta realmente), da sempre non appartengono ad un DNA occidentale – non hanno la minima intenzione di unire cassa e banche con il resto dei paesi europei. Per non parlare della loro economia di stampo prettamente industriale, più che dipendente dal gas russo a basso costo.
Far capire loro che tutto si può aggiustare per via fiscale, non sarà impresa certo facile per SuperMario.
Intanto si inizia con la propaganda dando fiato ai giornalai del potere, per far vedere a tedeschi ed italiani, che la Germania e la Francia hanno lasciato il ruolo di “locomotiva” d’Europa addirittura alla Grecia. Per la quale, nonostante la medaglia di convenienza appena attribuita, si nascondo gli effetti di dieci anni di surplus governativi, che l’hanno portata in fondo alla classifica europea dei miglioramenti nell’aspettativa di vita tra il 2000 e il 2021. Tutto questo, ripeto grazie alle politiche economiche imposte e sostenute in questi anni anche da Draghi e Moscovici.
Con Francia e Germania a forte rischio recessione, a salvare l’economia dell’Ue nel terzo trimestre potrebbe essere la Grecia. Questo è l’avvertimento che viene da Bruxelles diretto ai dissidenti, rilanciato dai mezzi d’informazione.
Con una industria quasi ferma ed una manifattura ormai in crisi da anni, il contributo più grande al pil dell’Eurozona sta arrivando da uno dei punti di forza dell’Europa periferica: il turismo.
In Grecia i flussi turistici, certifica Nomura in un suo report, negli ultimi sei mesi sono stati in media il 30% superiori rispetto al 2019, anno precedente allo scoppio di pandemia da Covid-19. Anche il Portogallo (+18% circa) e la Spagna(+10%) stanno contribuendo con i loro flussi turistici alla crescita del pil europeo, mentre le due mete storiche del continente, Italia e Francia, si muovono su livelli di turismo stabili o leggermente inferiori rispetto al pre-Covid.
Di contro, la produzione industriale in Germania a luglio è scesa del 2,4% mensile, «in linea con la fisiologica debolezza delle vendite» che si registra nel mese estivo, commentano da Nomura. Ipotizzando una crescita nulla ad agosto e settembre, la produzione industriale tedesca a fine trimestre dovrebbe contrarsi del 2,2% rispetto ai tre mesi precedenti, implicando “una flessione dello 0,6% sul pil tedesco e un -0,2% su quello dell’area euro”.
Non se la passa meglio la Francia. Se le stime fossero confermate, la produzione industriale si dovrebbe contrarre dello 0,7% rispetto al secondo trimestre, con un contributo negativo del -0,1% sul pil transalpino. Anche se si cerca di alleggerire il tiro, affidando le speranze al fattore Olimpiadi per compensare questo dato negativo. Ma sul Paese rimane comunque “il rischio di una debolezza economica”, conclude Nomura.
Già pochi mesi fa anche l’Italia veniva magnificata del nuovo ruolo di “locomotiva” d’Europa per uno zero virgola zero di Pil positivo, tutto merito del fenomeno inflattivo e non di un cambio di rotta nelle scelte di politica fiscale del nostro governo che non si discosta dalla vana speranza del dogma dell’austerità espansiva.
Del resto in Italia non c’è la necessità di convincere nessuno sulla bontà del Draghi pensiero e sull’estrema necessità per le nostre élite di arrivare al più presto agli Stati Uniti d’Europa. Al netto della solita propaganda per accaparrarsi un voto in più degli altri, il nostro deep state ed i teatranti della politica, sono totalmente allineati all’uomo del Britannia. Il suo incontro di questi giorni in camera caritatis con la Berlusconi family in presenza dell’eminenza sempre più grigia di Gianni Letta e quello in addivenire con la premier Meloni, sono solo un passaggio funzionale ad istruire i bracci armati del potere su come sparare nella medesima direzione.
Ormai la strada è tracciata, resta solo da capire se questa Europa non dei popoli, andrà avanti unita o suddivisa in “sottosistemi di stati membri”.
di Megas Alexandros
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