di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Molti si chiedono perché la guerra in Ucraina sta durando così tanto e la risposta la troviamo in quelle che sono da sempre le ragioni per cui, le classi elitarie e non certamente i popoli, decidono di intraprendere o come in questo caso, intrufolarsi in azioni di guerra già in corso.
I motivi geopolitici per cui la Russia di Putin ha dato inizio a questa operazione militare sono noti da tempo. La questione del Donbass che perdura da dieci anni, il disconoscimento degli accordi di Minsk con l’occidente che mai dalla fine della guerra fredda, ha interrotto la sua azione di espansione a livello di influenza verso est, sono i motivi che ci piacciano o meno, con i quali il presidente russo Vladimir Putin ritiene giusta l’azione bellica in terra ucraina.
Effettivamente come dargli torto, dal momento che le vedette del Cremlino, ormai da anni, sono costrette a registrare il proliferarsi sempre più verso i propri confini di basi NATO e missili americani puntati verso Mosca.
La NATO sappiamo bene essere l’esercito dei padroni del mondo, sempre pronta ad intervenire dove esistono interessi elitari da difendere ed abile allo stesso tempo a chiudere entrambi gli occhi quando invece in ballo, sono i diritti e le libertà dei popoli: quello palestinese su tutti.
Visto che in Ucraina gli interessi da difendere sono molteplici e strategici, basti pensare alla presenza dei principali gasdotti che consegnano il gas russo fin dentro nostre case. Per non parlare della posizione strategica che tale territorio, con sbocco sul mare, riveste in ottica del mai sopito progetto occidentale di accerchiamento della Russia. Quindi risultano ben chiare le motivazione per cui, poteri statunitensi ed europei, non potessero esimersi dall’intervenire militarmente nel conflitto.
Non essendo l’Ucraina un membro NATO, i paesi membri hanno legittimato l’intervento attraverso una guerra alla Russia per procura, fatta di ingenti sostegni finanziari ed invio di armamenti, facendo in modo che il conflitto duri il più a lungo possibile.
Allungare il conflitto, nella testa degli strateghi occidentali – naturalmente incuranti delle perdite umane – avrebbe dovuto portare a due risultati entrambi favorevoli al sistema elitario che li comanda: primo, l’ottenimento di colossali profitti provenienti dall’azione speculativa sul prezzo del gas; secondo, la vittoria finale per logoramento dell’esercito russo e conseguente presa di posizione dell’opinione pubblica russa contro Putin provocandone la sua caduta.
Riguardo al secondo punto, ad oggi le cose non sembrano proprio andare così. Putin è ancora ben saldo al comando del paese e pare che a logorarsi sia invece proprio l’esercito ucraino. Per non parlare poi dell’economia russa che in barba alle sanzioni, stando ai dati di pochi giorni fa, sembra addirittura che stia “crescendo troppo”.
Mentre per quanto concerne il primo punto, la realtà è andata ben oltre le previsioni. Fiumi di denaro, derivanti dagli ingenti profitti innescati dall’azione speculativa, sono affluiti dentro i conti di quelli che sono i soggetti scelti e privilegiati che operano nel settore dell’energia.
Il settore e chi lo comanda non sembrano però ancora sazi, tanto che ancora continuano a perseguire i loro interessi mascherandoli dietro la bandiera della NATO e delle sue decisioni, che da una parte fanno schizzare in alto il prezzo del gas e dall’altra il sangue dei morti, il cui numero cresce di giorno in giorno.
L’impatto della recente offensiva ucraina nella regione russa di Kursk – mossa studiata e compartecipata dall’occidente – ha avuto l’ennesimo effetto di far schizzare in alto il prezzo del gas.
A dircelo è Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, intervistato dal quotidiano La Verità: “Dopo l’attacco ucraino il prezzo del Gas si è impennato, a ottobre aumenti del 6-7%. Non c’è un allarme come nel 2022, ma l’ideologia verde accelera la crisi industriale. L’Italia paga 40 euro a megawattora, gli Usa solo 7”. [1]
Quello che però sorprende ma soprattutto deve farci riflettere è, che nonostante oggi la stazione di Sudzha del gasdotto che trasporta il gas russo in Europa attraverso l’Ucraina sembra essere sotto il controllo delle truppe di Kiev, i flussi per ora restano comunque in linea con le settimane precedenti, come sottolineato da Gazprom che attraverso quel gasdotto fornisce all’Europa 38/42 milioni di metri cubi di gas al giorno.
Addirittura secondo quanto ci dicono sia il nostro principale mezzo di informazione finanziario Il Sole 24 ore, che il quotidiano La Verità, pare che le importazioni in Europa di gas russo siano in forte ripresa, non solo grazie alle vendite di Gnl (Gas naturale liquefatto), ma anche grazie ai flussi via gasdotto, saliti nel corso dell’estate ai massimi di quest’anno. [2]
Quindi come potete vedere, all’occidente interessa molto di più la speculazione sul gas che porre le condizioni affinché la guerra possa terminare. Anzi, nelle stanze dei bottoni di ENI e degli altri colossi dell’energia, l’augurio è che la guerra possa durare ancora a lungo.
E’ notizia di questi giorni, opportunamente celata dai mezzi di informazione di regime, che pur di fronte alle sanzioni ed alla sbandierata indipendenza europea dal gas russo, Gazprom ha triplicato il suo utile netto, arrivando a 11,3 miliardi di dollari.
Questo successo commerciale, conseguito dalla Società vicina al Cremlino non può che sorprendere da un lato, dopo oltre due anni e mezzo di guerra in Ucraina. Ma dall’altro, non può che confermare i sospetti che il gas russo arrivi in Europa attraverso triangolazioni che lo rendono più costoso per i consumatori finali.
Del resto se come abbiamo appena visto imprese e famiglie italiane pagano il gas quasi sei volte di più che negli Stati Uniti, è chiaro come a nutrirsi del sangue degli italiani ci sia dietro un folto gruppo di avvoltoi sparsi per il mondo.
E non mi stancherò mai di sottolineare come tutto questo avvenga nella totale immobilità del nostro governo, che rinuncia volutamente a mettere in atto qualsiasi provvedimento di natura fiscale per riportare il prezzo del gas in linea con gli altri paesi, così da stabilizzare il nostro sistema economico sempre più martoriato.
Speculazione e sperequazione colpiscono facilmente l’Italia – dove quasi metà della produzione elettrica arriva dal Gas. A maggior ragione un paese come il nostro, oggi fortemente improntato al turismo dove i consumi di energia sono elevatissimi anche in estate in conseguenza del massiccio uso di condizionatori d’aria nelle strutture ricettive.
Se poi guardiamo alla transizione green, i numeri parlano chiaro. Il grandissimo sforzo che l’Europa sta portando avanti sulle rinnovabili ha partorito per adesso un topolino, portando in dote l’equivalente di appena 3 miliardi di metri cubi di Gas aggiuntivi.
Tutto questo ha conseguenze estremamente gravi sull’industria tedesca e la manifattura italiana. Dati ufficiali di questi giorni ci dicono che produzione ed ordini sono in netto calo e la Germania non pare essere più la “locomotiva d’Europa”.
Secondo l’ultima indagine dell’IFO Institute, resa nota il 7 agosto, si aggrava la carenza di ordini all’industria tedesca: a luglio il 39,4% delle aziende ha segnalato una mancanza di ordini, in aumento rispetto al 38,4% di aprile. “La mancanza di ordini sta pesando sullo sviluppo economico della Germania”, afferma Klaus Wohlrabe, responsabile delle indagini dell’IFO. “Quasi tutti i settori sono colpiti”. Nel settore manifatturiero, la quota è salita dal 39,5 al 43,6%. Soprattutto nell’industria metallurgica e in quella elettrica ed elettronica, più di un’azienda su due ha segnalato una mancanza di ordini. Nel settore automobilistico la percentuale si aggira intorno al 43% e nell’industria chimica al 40%.
E’ chiaro come su questi dati pesi l’alto costo dell’energia in Europa e in Germania, maggiormente penalizzante per le principali economie manifatturiere (Germania e Italia).
In tutto questo groviglio di interessi che girano intorno al gas russo stanno emergendo posizioni di predominio di paesi europei di fatto e vicini che potrebbero mettere a repentaglio il futuro della UE.
Ungheria e Turchia si stanno ritagliando un ruolo primario in quello che è il prossimo futuro delle forniture di gas in Europa. Tanto da fare in modo che il futuro dei nostri sistemi economici dipenda direttamente dai gasdotti situati sul territorio turco e dai rapporti stretti che il presidente ungherese Orban mantiene con Vladimir Putin.
Il governo di Budapest, ha aumentato le importazioni di gas da Mosca siglando nel 2022 – quando la guerra in Ucraina era già iniziata – un nuovo contratto a condizioni di estremo favore e con volumi maggiori rispetto al passato. Orban spesso acquista da Gazprom anche forniture extra, che riesporta verso la Slovacchia, la Repubblica ceca, la Serbia. Venerdì scorso, 30 agosto, il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, si è recato a Mosca dove ha avuto un colloquio durato più di tre ore con il ceo di Gazprom Alexey Miller.
La perdita del controllo della stazione di misurazione di Sudzha, ovvero l’unico snodo da cui le sue forniture possono ancora entrare in Ucraina ha spinto i russi di Gazprom ad accelerare soluzioni alternative guardando alla terre amiche di Erdogan.
Il TurkStream, con le sue diramazioni verso l’area balcanica, è già diventato il principale gasdotto utilizzato da Gazprom per servire l’Europa: nei primi sei mesi di quest’anno le forniture inviate su questa rotta – che passano la frontiera tra Turchia e Bulgaria – sono aumentate del 54 per cento. La Turchia – da cui passa non solo il TurkStream, ma anche il Tanap, che si congiunge al Tap per portare fino in Italia il gas azero – sembra ora pronta ad assumere a pieno titolo il ruolo di maggiore crocevia per le forniture di Gazprom.
Come vedete, per i russi ad ogni problema esiste una soluzione, tanto il gas giace sotto il loro suolo. Il problema, non per loro ma per chi lo consuma, nascerà se mai un giorno decidessero di tenerselo per se.
Mentre riguardo a noi, il problema attuale dei prezzi del gas, come visto è estremamente serio, stante il fatto che i nostri governi non pensano ad altro che a far accumulare denaro a chi li ordina e comanda.
Una cosa è certa la guerra in Ucraina non finirà presto, mentre riguardo alla speculazione sulla vita della gente, quella invece, non finirà mai!
Note:
[1] Tabarelli (Nomisma): “L’Italia paga il gas 40 euro al megawattora, gli USA 7” – Analisi Difesa
[2] Le esportazioni di gas russo in Europa sono in forte ripresa (linkiesta.it)
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