di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Se il mondo intero fosse una Università e i popoli gli studenti, oggi chi ha buone possibilità di laurearsi in materia di economia e moneta non sono certamente coloro che appartengono all’area così detta dell’occidente. Chi invece è sulla strada giusta per conseguire il “dottorato” sono invece quei paesi che ormai si collocano dall’altra parte di quel mondo, che per decenni si è auto-considerato superiore, e che oggi invece sta affrontando il suo più che preoccupante declino.
E’ il mondo “non-occidentale”, quello ormai guidato dal gruppo in ascesa dei paesi appartenenti ai BRICS plus, che mostra ogni giorno di più di fare progressi enormi in materia di comprensione di quella che è la reale natura della moneta e i sistemi monetari moderni. I loro progressi sulla materia, più che dai libri e lo studio, arrivano direttamente dal “campo”. Sono infatti le loro pronte e immediate reazioni alle sanzioni e le ripetute minacce di imporre dazi sulle esportazioni, messe in atto dall’occidente nei loro confronti, a dimostrare quanto oggi Cina, Russia e tutti quei paesi satelliti che gravitano intorno a loro, siano molto più avanti in quanto alla comprensione del corretto funzionamento dei sistemi monetari.
L’uso delle valute nazionali nei loro scambi, quale reazione immediata alla misura sanzionatoria di impedire ad un paese come la Russia di usare dollari ed euro, è la dimostrazione pratica, non solo di quanto noi economisti vicini alla Modern Monetary Theory (MMT) sosteniamo da decenni sul fatto che il dollaro è una valuta fiat come tutte le altre – ma che i governanti di tali paesi comprendono le operazione monetarie e sanno perfettamente come reagire a quella che è una vera e propria azione di guerra economica che l’occidente intenderebbe impartire nei loro confronti per piegare le loro economie.
Come ha risposto il Ministero degli Esteri cinese in una normale conferenza stampa, dopo che Trump ha minacciato di imporre tariffe del 100 percento alle nazioni BRICS se continueranno i loro sforzi di de-dollarizzazione, l’alleanza dei BRICS non riguarda il confronto, riguarda la promozione della cooperazione e della prosperità condivisa. E la verità è che il mondo non sta più accettando il “falso” predominio di una moneta unica e la pressione alimentata dalle sanzioni.
Prendiamo la Russia, ad esempio. Quando ha dovuto affrontare la valanga di sanzioni dall’Occidente nel 2014 e nel 2022, molti avevano previsto un crollo economico. Invece, la Russia ha costruito la propria scialuppa di salvataggio finanziaria. Il suo Sistema per il trasferimento di messaggi finanziari, o SPFS, è emerso come un’alternativa nazionale allo SWIFT e la carta di pagamento Mir, avviata nel 2017, sta svolgendo il lavoro di Visa e Mastercard. Queste mosse volte ad isolare l’economia russa, al contrario hanno gettato le basi per legami finanziari più profondi che al Cremlino hanno messo in piedi con alleati non occidentali come la Turchia, il Kazakistan e persino nazioni in Medio Oriente, senza alcuna dipendenza da sistemi creati o dominati dall’Occidente.
Questo dimostra che il, da sempre propagandato potere mondiale del dollaro in quanto valuta di riserva mondiale, rientra a tutti gli effetti in quella che possiamo considerare una vera e propria “millanteria”. Una leggenda che in primis ha danneggiato quei popoli i cui politici si sono allineati al suo racconto, per mettere i loro paesi nelle mani predatorie dei poteri americani e europei. Ma, non di minor conto, ha ingannato anche il popolo americano, poiché nessuno supposto beneficio per le loro vite può essere riconnesso al fatto che il resto del mondo detenga estratti conto in dollari. Le vite degli americani del resto, come quelle di tutti gli altri popoli, sono direttamente determinate dalle politiche economiche che intraprendono i loro governi, in quanto ognuno detentori del monopolio pubblico sulla propria valuta.
Anche le limitazioni all’accesso alla tecnologia e alle attrezzature statunitensi, dai jet F-35 ai veicoli aerei senza pilota armati, che Washington ha imposto alla Turchia, non hanno funzionato. Il paese di Erdogan oggi produce alcune di queste attrezzature con le proprie risorse e ha persino iniziato a esportare in alcune nazioni del Medio Oriente e dell’Africa.
La resilienza della Russia e della Turchia è solo la punta dell’iceberg. Ora sempre più nazioni cercano un ordine mondiale più equo.
Pensate la svolta storica, l’Unione Africana ha partecipato al recente G20 svoltosi in Brasile, come membro a pieno titolo del blocco per la prima volta. Il G20 oggi, non sembra più essere quel ristretto club riservato a paesi economicamente potenti, ma bensì pare rappresentare una nuova visione.
Solo un blocco di paesi al mondo oggi non si sta rendendo conto di quanto sta accadendo: sono i paesi che compongono l’Eurozona. O per essere più precisi, chi guida le decisioni politiche di questi paesi, sono coloro che ancora vivono nel sogno diabolico della loro superiorità rispetto al mondo che li circonda.
Dicevamo, le nazioni che compongono i BRICS hanno riscritto le regole del commercio globale. Privati di dollari e euro, per volontà degli stessi che li producono, si sono rivolti alle proprie valute per scambiarsi beni e servizi. Brasile e Cina ora commerciano nelle loro valute nazionali, una mossa rispecchiata dall’India e dai suoi partner regionali. Questo dimostra che quello che stanno facendo ora, lo avrebbero potuto fare anche prima, solo se i loro governi avessero preso coscienza della “balla” globale che per lunghi anni ha caratterizzato il dollaro come valuta di riserva del pianeta.
Quindi, contrariamente alla vulgata giornalistica, il mondo può fare benissimo a meno dei dollari. Quello di cui non può fare a meno, sono le politiche di spesa per creare occupazione e sostenere i consumi che ogni governo è comandato a intraprendere con la propria valuta. E seguendo il filo logico di questa affermazione, chi realmente non può fare a meno dei dollari, è il popolo americano, fintanto che il governo di Washington imporrà il dollaro sul proprio territorio con la legge e chiederà loro di pagare le tasse in dollari.
Pensate la New Development Bank, la banca dei BRICS, ha addirittura intensificato gli sforzi per finanziare progetti in valute locali in quello che è un nuovo approccio al finanziamento internazionale, senza fare affidamento sulle istituzioni occidentali.
Ma quello che ci fa capire ancor di più che nel mondo “non occidentale” sono finite le paure per le sanzioni e per l’arrivo di eventuali tariffe che l’amministrazione Trump potrà applicare, è che i rappresentanti dei governi dei singoli paesi, sono ben coscienti del “bluff” che si sta giocando oltreoceano. Paradossalmente è stato proprio il governo uscente della Casa Bianca a dare il via alla de-dollarizzazione, come è quello appena eletto a prospettare una minaccia attraverso sanzioni, che la dottrina economica, ritiene non possano aver nessuno effetto per quei paesi i cui governanti decideranno di esercitare la propria sovranità.
I BRICS sono talmente sicuri di sé e pienamente indottrinati, che addirittura nemmeno pensano lontanamente di eliminare il dollaro dai loro sistemi economici. Sanno perfettamente che se le intenzioni di Trump sono quelle di riattivare la produzione al proprio interno, prima o poi gli Stati Uniti dovranno tornare (se mai hanno smesso! ndr) a rifornire il mondo di dollari per acquistare quella in eccesso.
E quando la tempesta di guerra sarà finita, vedrete che anche la Russia e i russi torneranno ad usare il dollaro, soprattutto per necessità americane.
E’ chiaro quindi come lo stop a fornire dollari e asset in dollari al mondo in cambio di beni e servizi, sia una precisa volontà degli Stati Uniti per riportare il cambio ad un livello più basso, in modo da rendere i loro prodotti più appetibili. E la minaccia di Trump di imporre tariffe a chi non li usa, se non ad ignoranza in materia monetaria, può essere anch’essa ricondotta al medesimo “bluff”, finalizzato a provocare un comportamento contrario da parte dei paesi minacciati.
Del resto, come abbiamo letto in questi giorni, Trump nelle sue sparate non fa sconti a nessuno, e persino i paesi europei, alleati degli Stati Uniti nel comminare sanzioni alla Russia, sono anch’essi nel mirino del Tycoon. Le tariffe di Trump qualora arrivassero a colpire il vecchio continente, senza essere seguite da un massiccia svalutazione dell’euro per annullarne gli effetti sull’export, potrebbero veramente compromettere in maniera definitiva il sistema economico europeo e gettare le basi per porre fine a questa disastrata unione monetaria.
Ma a Bruxelles pare che molti ancora non lo abbiano capito. Continuare a tenere l’euro a livelli alti per privilegiare i risparmi di pochi, mantenendo le note politiche austere che non si curano minimamente di un mercato interno sempre più centrale con il mondo multipolare che avanza, è la miscela perfetta per far saltare in aria la UE, non appena che l’industria europea avrà perso il mercato americano dove da sempre piazza la maggior parte dei propri prodotti.
di Megas Alexandros
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