Mancano i prodotti o i soldi per acquistarli?

13 Dicembre 2024 | Attualità, Economia | 0 commenti

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Spiegare l’economia all’uomo della strada che da quando nasce è martellato giorno dopo giorno dalla propaganda elitaria riguardo alla scarsità del denaro, vi assicuro non è semplice. E sempre più spesso, per smentire tale narrativa, mi interrogo su quale sia la formula migliore per rendere chiari a chi mi legge quei concetti all’apparenza semplici, che invece la maggioranza pare non recepire.

La paura principale ed anche la risposta che ricevo quando parlo di “stampare” denaro, per risolvere i problemi economici di famiglie ed imprese, è: “ma poi arriva l’inflazione!”

In qualsiasi discussione e dibattito mi trovi ad affrontare, non appena espongo la necessità di aumentare la spesa pubblica da parte dello Stato, come unica soluzione alla crisi economica attuale, tutti mi ripetono come la preghiera della sera, la stessa frase:

“se stampi denaro poi crei inflazione!”

Se facessimo un sondaggio nel mondo, credo che la paura per l’inflazione non sarebbe certo inferiore a quella di una guerra. Tutti hanno il timore, che con i propri soldi a disposizione, domani non possano comprare gli stessi prodotti che comprano oggi.

Allora, se questa è una paura reale, usando la logica, la paura ancor più grossa dovrebbe essere quella di rimanere senza soldi rispetto a quella di averne meno a disposizione. Quindi, quella di perdere il proprio lavoro. Questo perché senza un lavoro, è chiaro che non saremmo in grado di comprare niente.

Con questo non voglio certo affermare che la perdita di potere d’acquisto sia il male minore e di conseguenza anche il precariato. Ma voglio solo togliere la vostra attenzione dal problema inflazione, per portarvi verso quelli che sono i due elementi fondamentali che invece determinano la qualità delle nostre vite: i soldi ed il lavoro.

Quindi, se usciamo un attimo dalle frasi fatte, caratterizzate da un pensiero del tutto dogmatico ed usiamo per un momento la logica, la paura più grande non dovrebbe essere l’aumento del livello dei prezzi (inflazione, ndr), ma bensì quella di perdere il proprio posto di lavoro oppure di non disporre di uno stipendio adeguato da poter permettere a noi e le nostre famiglie una vita dignitosa.

Solo per farvi un esempio concreto di quello che sto affermando, vorrei ricordare a tutti voi il tema della “scala mobile”. Ovvero quello strumento economico in tema di politica del salario volto ad indirizzare automaticamente i salari in funzione degli aumenti dei prezzi di alcune merci, al fine di contrastare la diminuzione del potere d’acquisto dovuto all’aumento del costo della vita, secondo quanto valutato con un apposito indice dei prezzi.

Senza ripercorre tutte le tappe storiche che hanno caratterizzato la vita di questo strumento nel nostro paese; in breve la “scala mobile” viene introdotta in Italia nel 1945 e con vari aggiustamenti e modifiche è stata mantenuta fino al 31 Luglio 1992, quando venne definitivamente soppressa con la firma del protocollo triangolare di intesa tra il governo Amato I e le parti sociali. Sarà un caso ma tutte le nostre disgrazie partono sempre da questo fatidico anno (1992, ndr).

Come di tutta evidenza, se all’aumentare dei prezzi aumenta di pari passo anche il salario, è chiaro che il potere di acquisto e di conseguenza la vita dei lavoratori non subiscono nessuna conseguenza. Non credo che su questo assunto ci possano essere dubbi o diversità di pensiero, anche perché siamo nell’ambito della più che elementare matematica.

Una nota di colore, tanto per far capire quanto sia utile questo meccanismo: a partire dal 2013 gli impiegati delle istituzioni dell’Unione europea hanno i loro salari direttamente collegati al tasso di inflazione del Belgio e del Lussemburgo. Quindi, quello che non era più necessario per i popoli è invece indispensabile per la classe politica elitaria che nei fatti prende tali decisioni.

A sostegno dell’eliminazione della scala mobile per conto delle élite, si sono mossi tutti quegli economisti che poi hanno contribuito ad infondere la paura dell’inflazione, affermando che sarebbe stata la scala mobile stessa in certi casi la causa di un aumento incontrollato dei prezzi. Una paura che come sappiamo è solo funzionale a giustificare ai popoli la mancata creazione di denaro e tutte le conseguenti rinunce che dobbiamo affrontare in conseguenza di tale decisione presa dai nostri governi.

Ecco che, molti economisti asserviti, si sono prodigati con teoremi assurdi a livello dottrinale per giustificare l’eliminazione di tale strumento. Secondo i monetaristi, gli aspetti più rilevanti da tenere in considerazione perché la scala mobile possa funzionare sono che:

  • il costo del lavoro non determini un aumento della moneta circolante;
  • il costo del lavoro non cresca più della produttività e della ricchezza nazionale, più che il suo collegamento con l’inflazione.

Affermano che gli aumenti salariali andrebbero visti in contrapposizione a una riduzione dei profitti aziendali. Se l’economia cresceva poco, la scala mobile provocava un travaso di moneta dall’impresa al lavoratore e, superata la soglia di produttività, un aumento dell’inflazione. Se la crescita di PIL e produttività fosse stata sostenuta, invece, sarebbero cresciuti sia utili che salari, ma l’impresa avrebbe comunque ottenuto un minore profitto totale rispetto a quanto avrebbe fatto senza una redistribuzione di una quota di valore aggiunto ai suoi dipendenti.

Tutti questi ragionamenti, avrebbero un valore se la moneta fosse convertibile e non fosse un monopolio di Stato. Oltre al fatto che sono tutti indirizzati a prevenire uno scenario che nel nostro paese di fatto in questi decenni è stato sempre molto lontano: parlo della piena occupazione e di una inflazione da eccesso di domanda caratteristica di un paese in pieno boom economico. Cosa che certamente non è l’Italia dell’ultimo trentennio.

Un punto da cui dobbiamo partire con l’obbiettivo di rendere sempre più chiaro e semplice il tema, abbandonando la filosofia, è che ei nostri sistemi economici, dal momento che ognuno di noi si alza la mattina, senza il denaro non siamo in grado di fare niente. Non possiamo fare spesa, fare il pieno alla nostra auto, comprarci un vestito, recarci in un ristorante e non ultimo pagare imposte e tributi. Come è altrettanto palese che il creatore/produttore fisico del denaro, in grado di consegnarcelo netto e non a debito, è solo e soltanto lo Stato. Denaro, con il quale lo Stato stesso, è in grado di acquisire tutte le risorse disponibili nel paese a partire da quelle umane.

La funzione di prestatore di lavoro di ultima istanza, ovvero la possibilità di acquisire tutta la forza lavoro disponibile al prezzo desiderabile, in un sistema economico che si fonda sulla moneta fiat, è affidata esclusivamente allo Stato. Come del resto è affidata ad esso ed all’azione di politica fiscale del suo governo, la possibilità e la quantificazione dei profitti che sono in grado di conseguire le aziende sul  territorio.

Compreso questo, se veramente vogliamo capire dove sta la Verità, scindendola dalla propaganda asservita, la domanda che tutti noi dobbiamo farci è quella del titolo del presente articolo:

Mancano i prodotti o i soldi per acquistarli?

La risposta credo sia abbastanza scontata!

Voi quando andate a fare la spesa siete limitati negli acquisti perché gli scaffali del supermercato sono vuoti oppure perché siete limitati dalla quantità di denaro nel vostro portafoglio o sul vostro conto conto in banca? La crisi dell’auto tanto decantata ai nostri giorni, deriva dal fatto che mancano le auto in consegna oppure i soldi in tasca della gente per comprarle? e potrei continuare per tutti gli altri settori.

E’ chiaro che la risposta giusta è la seconda! la maggioranza di noi oggi è limitata nel soddisfare i propri bisogni dalla ristrettezza finanziaria. Se avessimo maggior disponibilità di denaro, certamente non rinunceremo a soddisfare in pieno tutte le nostra necessità, a partire dal curarci, istruirci, alimentarci, vestirci, ecc.

In Italia, negli ultimi due tre anni, sono stati chiusi oltre 20 mila esercizi tra bar e ristoranti. Certamente non perché erano talmente affollati di gente, tanto che il gestore non riuscivi a servire tutti i suoi clienti, ma bensì perché le presenze erano scarse. Oggi, andare a mangiare fuori per gli italiani è diventato sempre più difficoltoso rispetto al passato, proprio perché si è ridotta la loro capacità di spesa e non il desiderio. Cittadini e famiglie con stipendi reali addirittura in diminuzione dagli anni 90′, colpiti da bollette sempre più care e con un sistema fiscale sempre più alla ricerca di denaro da chi non lo produce, sono costretti a rinunciare alla pizza fuori. Ecco che queste chiusure sono dovute alla mancanza di domanda e non certamente alla mancanza di pizzaioli, farina, pomodori e mozzarelle.

Cominciamo a guardare i soldi per quello che sono realmente, dentro un sistema economico che si fonda sulla moneta:

Il denaro è un mezzo che serve unicamente per scambiarci i beni prodotti ed i servizi forniti

di conseguenza, una mancanza fisica di denaro, non permette che tutti i beni ed i servizi vengano scambiati. Ed i beni e servizi non venduti, corrispondo a profitti mancati per le aziende. Ed i profitti mancati portano le aziende a minor utili fino al punto di conseguire perdite, la cui conseguenza inevitabile sono i licenziamenti dei lavoratori in primis fino alla chiusura delle stesse.

Secondo una dettagliata analisi di Creditsafe sull’andamento delle imprese costrette a sospendere la loro operatività economica, nel 2023 le aziende che hanno chiuso la loro attività sono aumentate del +5,2% rispetto all’anno precedente: complessivamente si tratta di 357.284 unità contro le 339.494 imprese chiuse nel 2022. Il trend degli ultimi tre anni ci mostra come il tessuto imprenditoriale italiano registri un graduale aumento di imprese che non riescono ad affrontare le difficili condizioni del contesto economico. Confrontando l’anno da poco terminato con il 2021, invece, si evidenzia un incremento pari al +6,3%.

Aziende che chiudono e lavoratori privi di stipendio, diminuiscono inevitabilmente la capacità di consumo a livello macroeconomico e quindi per logica conseguenza, senza un intervento finanziario da parte del governo, la situazione non può che aggravarsi, portando ad una spirale di ulteriori chiusure ed aumento della massa di disoccupati.

Tutto questo ripeto, non per mancanza dei sistemi produttivi e delle risorse reali necessarie alla produzione, a partire da quelle umane, ma solo e soltanto per la deliberata scelta di far mancare i soldi.

Secondo i dati Ocsel’Italia è l’unico Paese dell’Ue in cui i salari sono diminuiti negli ultimi 30 anni, guarda caso proprio a partire dal quel lontano 1992 in cui si è deciso di abolire la scala mobile.

Il Censis ha diffuso un nuovo rapporto che descrive numerosi aspetti della popolazione italiana. Il dato più allarmante è quello dei salari. Dal 2003 al 2023 lo stipendio medio di un italiano è calato del 7%. Negli ultimi 10 anni invece, tra il 2014 e il 2024, è calata in media anche la ricchezza pro capite, del 5,5%. Un dato ancora più grave se lo si associa al calo della popolazione italiana, che in un decennio si è ridotta di 1,2 milioni di persone. Nonostante questo il patrimonio medio è diminuito a un ritmo ancora più rapido.

Non si può non ricollegare tutto ciò alle persistenti politiche di austerità perseguite da tutti i nostri governi in questi anni volte ad inseguire i folli parametri di Maastricht. Stiamo parlando di dati che identificano la ricchezza finanziaria degli italiani e quindi la deliberata decisione di far mancare i soldi, è per forza l’unica causa della persistente crisi economica che attanaglia il paese.

E nonostante l’evidenza dei fatti che mostra quanto il problema più urgente da risolvere sia l’occupazione si continua a parlare dell’inflazione come se il fenomeno in corso derivasse da un eccesso di domanda. Ed invece sappiamo bene quanto lo stesso abbia assunto nel nostro paese le caratteristiche ancor più gravi della stagflazione: ovvero, l’aumento dei prezzi abbinato a fasi di stagnazione e recessione.

Stipendi in calo rispetto all’inflazione ed aumenti dei costi energetici, compromettono ancor di più la capacità di spesa per cittadini e famiglie e quindi i profitti colossali in alcuni settori, come quello energetico, vanno a rubare importanti quote di mercato negli altri settori, costringendoli alla chiusura.

Ma allora perché una cosa così semplice non è comprensibile per chi ci governa?

La risposta è una sola e per lo più verificabile anche a livello storico, come dimostrato dalla storia della scala mobile. Dal 1992 nel nostro paese, in linea con buona parte del mondo occidentale, è avvenuto un cambio di orizzonte nel sistema di potere che ci comanda. L’economia finanziaria e l’interesse dei lor Signori all’incremento della rendita per mezzo di essa ha preso il sopravvento rispetto all’economia reale. E noi popolo, nella diabolica mente di chi ci comanda non siamo più necessari come consumatori di una produzione che in Europa non c’è più. Da qui la necessità di renderci sempre più indebitati e schiavi, privandoci dei nostri asset per massimizzare la loro rendita. E la continua sponsorizzazione politica della necessità di masse di migranti da importare nel paese, è solo finalizzata alla deflazione salariale che è in atto dal 1992, serve a far accettare agli italiani salari sempre più bassi. Di tutto questo dobbiamo rendercene conto.

I soldi non mancano per dare un lavoro ed uno stipendio dignitoso a chiunque voglia lavorare. Sono numeri, vengono creati dal nulla dai governi quando spendono. E la loro creazione avviene sempre nello stesso modo, come si crea denaro quando si spende per inviare armi in Ucraina, allo stesso modo il governo può spendere per assumere tutti gli italiani che desidera. Come ha tutta la possibilità di stabilire un salario minimo dignitoso per tutti in base al costo attuale della vita, senza caricarlo sulle spalle delle aziende. Lo può fare nei modi che più desidera a partire dalla riduzione del cuneo fiscale.

Non mancano i prodotti sugli scaffali del supermercato, mancano i soldi per riempire il carrello della spesa!

di Megas Alexandros

 

 

 

 

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MEGA ALEXANDROS (ALIAS FABIO BONCIANI)

Economista
Modern Monetary Theory specialist
Author of ComeDonChishiotte