Si dimette il direttore dell’Agenzia delle Entrate in contrasto con il Governo. Un “teatrino” che vede come vittime solo i cittadini.

Ernesto Maria Ruffini al Corriere: «Mi sono dimesso. I rapporti con il governo? Non era mai successo di vedere pubblici funzionari additati come estorsori di un "pizzo di Stato"» - Il riferimento alle parole pronunciate a suo tempo dalla premier Giorgia Meloni non è casuale. La battaglia politica si estende anche dentro le stanze di chi è incaricato a rendere insonni le notti degli italiani.

16 Dicembre 2024 | Attualità, Economia, News, Politica | 0 commenti

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Improvvisamene si dimette il direttore dell’Agenzia delle Entrate, in aperta polemica, chiaramente dai contorni politici, con il governo in carica. “Lascio l’Agenzia delle Entrate” ha dichiarato il direttore Ernesto Maria Ruffini in una intervista al Corriere della Sera – “il clima è cambiato, la lotta all’evasione sembra essere diventata una colpa. Io politico? non scendo in campo, ma parlare è un diritto”.

Il qualunquismo da sempre è il miglior alleato della propaganda funzionale al “Potere”, messa in atto da politici e uomini delle nostre istituzioni. E non c’è più qualunquismo al mondo delle solite locuzioni che si ascoltano quando viene trattato il tema della tassazione. “Pagare tutti per pagare meno”  e “a danneggiare i cittadini onesti sono gli evasori”…. sono alcuni dei luoghi comuni più diffusi, usati da chi appartenente al Sistema di Potere vuole porsi sopra gli angeli.

Queste sono le frasi che il direttore dimissionario usa, quasi come se volesse accedere alla compassione degli italiani per un gesto con il quale intenderebbe porsi fuori dal sistema. Il suo è un tentativo però che fa emergere l’ipocrisia di uomo che fa finta di non sapere che quando si ricoprono ruoli pubblici apicali e si percepiscono emolumenti dallo Stato di oltre 200 mila euro all’anno, non si può certo essere considerati vittime del sistema ma bensì parte dello stesso. E l’avvocato Ernesto Maria Ruffini, da sempre in prima fila ai meeting della Leopolda di Matteo Renzi, è tutto fuorché un uomo non appartenente al sistema. Figlio di un politico e ministro della Repubblica, nipote di un arcivescovo di Palermo e fratello di uno dei più importanti giornalisti italiani, oggi prefetto per il Dicastero per la comunicazione presso la Santa Sede – Ruffini rientra a pieno titolo dentro il sistema di potere che decide sulle vite degli italiani.

La sua duplice nomina a direttore dell’Agenzia delle Entrate (2017 e 2020), rispettivamente sotto il Governo Gentiloni la prima e su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, la seconda, unite alle recensioni di Sergio Mattarella e Romani Prodi sui suoi libri, certificano anche l’appartenenza ed il colore di Ruffini alla politica che conta. Quand’unque ancora esistano colori in un sistema dei partiti che oggi opera in modo del tutto trasversale.

Tutto questo per dirvi ancora che, a tutte le belle parole inzuppate di morale ed ottimi principi, che Ruffini recita nell’intervista rilasciata al Corriere, va dato lo stesso identico peso e valore, delle recite che i nostri governanti (gli stessi a cui Ruffini si rivolge, ndr), mandano in scena ogni giorno. In una parola sola, trattasi di pura e semplice propaganda.

Come la nostra premier Giorgia Meloni, afferma solo a scopo di propaganda, senza poi fare niente nel concreto, che il nostro sistema fiscale ha raggiunto giustamente l’indecenza di un “pizzo di stato”, oggi Ruffini, per sostenerlo, ci dice che si dimette perché: “non era mai successo di vedere pubblici funzionari additati come estorsori di un “pizzo di Stato”.

Un vero e proprio teatrino in cui nessuna delle due figure apicali, dentro le nostre istituzioni, fa niente di concreto per cambiare le cose.

E le cose sono evidenti! al di là della propaganda e delle solite frasi ad effetto che servono solo ad acuire la lotta fra poveri e disperati, la pressione fiscale nel suo totale, nel nostro paese ha raggiunto livelli non più sopportabili. Tra tassazioni con percentuali fuori da ogni ragione, acconti sulle imposte sui redditi ed addirittura sull’IVA, lo Stato ha veramente assunto il ruolo di estorsore nei confronti dei suoi cittadini, come evidenziato dalla Meloni.

I debiti con il fisco in Italia superano i mille miliardi (1.153 miliardi a fine 2022 accumulati dal 2000) e pur di tenere soggiogati i cittadini dentro il debito e la nostra economia in perenne recessione, si studiano ogni giorno condoni e rottamazioni varie, che inchiodano nel debito cittadini e famiglie fino all’eternità.

Chi deve questi soldi allo Stato italiano, la maggior parte sono ditte fallite e cittadini che non hanno retto alla devastazione di un paese la cui crisi economica permanente è frutto delle politiche di austerità estrema che costringono i governi produttori della moneta di andare a prosciugare le tasche dei cittadini per poter spendere. Sempre la stessa storia!

Ruffini parla di Costituzione di uguaglianza e persino di “bene comune”, tutte belle parole. “La mia unica bussola in questi anni è stata il rispetto per le leggi e per il mandato che mi è stato affidato” – addirittura il rispetto delle leggi. E come mai, durante i suoi mandati, non abbiamo mai letto una sua intervista dove denuncia l’oscenità di tutte quelle aziende più in vista che operano nel nostro paese, per aver trasferito la loro sede in Olanda per sottrarsi al fisco italiano. Persino ENI, l’azienda fondata dallo Stato italiano nel 1953 e controllata oggi da MEF e Cassa depositi e prestiti, è stata tra le prime aziende a scegliere il profumo dei tulipani.

Ma secondo Ruffini, chi farebbe pagare più tasse a tutti noi italiani, sarebbe il bar sotto casa che ogni dieci scontrini non ne batte uno o l’imbianchino che imbianca la cameretta del figlio senza farti la fattura.

Da economista e non da avvocato, la metterei così: in un paese dove negli ultimi 30 anni, attraverso il pagamento degli interessi su un finto debito (quello pubblico, ndr), si sono consegnati dalle tasche di chi lavora, 4 mila miliardi di euro alla rendita di chi sta seduto sul divano (soldi che poi sono volati altrove, ndr), lo scontrino di 5 euro non battuto e la fattura di 300 euro non emessa, sono 305 euro che rimangono nel nostro sistema economico e permettono a qualcun altro di incassarli a fronte di una prestazione.

Questi 305 euro, rappresentano la spesa pubblica in deficit che lo Stato italiano nega in modo permanente da decenni al nostro sistema economico. Sono soldi che restano nel nostro sistema economico e permettono di sopperire appunto a quella mancanza cronica di denaro che impedisce lo scambio totale della produzione.

Di contro l’enorme massa di denaro che invece viene sottratta al fisco da chi operando in Italia paga le tasse in Olanda, sono tutti soldi che con altissima probabilità non tornano nemmeno dentro il nostro sistema economico, ma finiscono ad ingrassare mondo finanziario ed economie di altri paesi.

Tutto questo non sarebbe un problema se i governi operassero in modo adeguato a livello fiscale, con tutta la spesa in deficit necessaria per occupazione e consumi. Ma purtroppo non lo fanno! E di questo Ruffini, non fa parola.

Chi ricopre il ruolo di direttore dell’Agenzia delle Entrate, come minimo dovrebbe sapere che in un sistema basato sulla moneta fiat, le tasse non servono nel modo più assoluto a pagare la spesa pubblica dello Stato. Ma bensì a tutt’altre funzioni. Principalmente a rendere desiderabile la valuta emessa dallo Stato e a regolare l’inflazione. Ma per Ruffini che è un avvocato e non un economista è facile fare presa sulla gente con frasi ad affetto come questa: “se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato; tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore”.

Ma cosa si colpisce!

Lo Stato è il monopolista della valuta, per nessuna ragione al mondo può essere “colpito” in termini finanziari. Anzi, è il contrario, è lo Stato stesso, come di tutta evidenza in questi anni, che invece può colpire al cuore cittadini, famiglie ed imprese con le decisioni in materia fiscale prese dal proprio governo.

Pur non essendo Ruffini un economista, ma si pensa dotato della semplice logica ed aritmetica contabile, mi chiedo come possa far finta di nulla di fronte a 30 anni su 35, nei quali i bilanci dello Stato italiano hanno conseguito avanzi primari. Ovvero, in soldoni, lo Stato ha prelevato dalle tasche dei cittadini più tasse di quello che ha versato con la spesa pubblica. E dal momento che famiglie ed imprese non sono produttori di denaro, è chiaro che se lo togli dal sistema, non resta loro che ricorrere al debito per sopravvivere.

Ecco spiegato l’aumento dell’indebitamento privato, che vede sempre più italiani costretti a rateizzare persino i pagamenti fiscali.

In conclusione, non fatevi ingannare dalle belle parole, le dimissioni di Ruffini rientrano in tutto e per tutto in quella che è la diatriba politica tra appartenenti al sistema dei partiti, il cui unico obbiettivo è quello di accaparrarsi le poltrone. E sicuramente il dirigente dimissionario non tornerà ad esercitare in modo prevalente l’attività di avvocato. E quand’unque non decida di entrare in politica, resterà comunque a disposizione per la prossima chiamata della politica a ricoprire l’ennesimo ruolo dentro le nostre istituzioni.

Del resto la sua storia parla chiaro!

di Megas Alexandros.

 

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MEGA ALEXANDROS (ALIAS FABIO BONCIANI)

Economista
Modern Monetary Theory specialist
Author of ComeDonChishiotte