Crediti Fiscali del Tesoro sono debito? né oggi, né mai!

2 Giugno 2023 | Attualità, Economia, News | 0 commenti

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Una delle prime importanti misure intraprese da questo governo di centro-destra guidato da Giorgia Meloni, è stato il blocco immediato della trasferibilità dei crediti fiscali emessi dal Tesoro per finanziare la note misure di spesa del Superbonus 110 e dei vari bonus riguardanti il settore dell’edilizia.

Su cosa siano realmente, per loro natura, i crediti fiscali (tax-credit) e su come l’attuale governo sia riuscito di fatto a spegnere le nostre residue speranze di veder tornare lo Stato italiano ad essere sovrano della propria moneta, chi vi scrive ha speso più di un articolo.

Se torno ancora sull’argomento, non è certo per rigirare il coltello nella piaga di una ferita frutto dell’ennesimo tradimento della nostra classe politica, ma per portare a conoscenza dei lettori, ulteriori elementi che rendono sempre più evidente come siano proprio i poteri di casa nostra a tenerci nella gabbia dell’euro e non certamente quelli di stanza a Bruxelles.

Chi ha messo in atto la scientifica distruzione dello strumento dei crediti fiscali, non solo si è servito dell’opera fedele di chi da sempre è contrario al recupero della nostra sovranità, ma ha ricevuto una grossa mano persino da coloro che si sono fatti promotori dello strumento stesso. I quali, vuoi per il cambio di rotta del manovratore – al quale sono costretti a rimanere devoti per logiche di appartenenza – che per la loro stessa congenita incompetenza in materia, dimostrano tutt’ora di non comprendere la reale natura di quella che è la moneta moderna. Tanto da ritenerla cosa distinta rispetto ai crediti fiscali, per i quali addirittura, si sono presi il copyright di ribattezzarli come la “moneta fiscale”.

Gli stessi promotori dei disegni di legge relativi alla cd moneta fiscale  (chi vi scrive ne è testimone), in opposizione ai detrattori dello strumento dei tax-credit, hanno speso anni in inutili discussioni nelle stanze parlamentari, su come gli stessi si dovessero contabilizzare ai fini delle finanze pubbliche in base ai regolamenti europei, distinguendo la loro natura tra “pagabili” e “non pagabili”.

Una differenza che, per chi conosce veramente la materia, fa letteralmente sorridere!

Un credito fiscale in euro equivale ad euro….. quindi, viene da chiedersi: in cosa lo vorrebbero rendere pagabile questi signori?!

Stiamo parlando di moneta fiat, dietro la quale non esiste alcun diritto alla sua conversione in qualcosa di altro. Vi risulta che qualcuno abbia mai posto il problema se una banconota da 50 euro fosse pagabile o meno? ed allora perché dobbiamo porci il medesimo problema per un credito fiscale, stante il fatto che per definizione accademica, è la stessa identica cosa?!

Infatti, dopo due anni persi in inutili discussioni – dove per buttare sempre più fumo negli occhi della gente a sostegno dell’inerzia del manovratore, anche gli stessi  promotori dello strumento dei crediti fiscali si coprivano dietro Eurostat (identificato allora come il cattivo oppositore alla messa in atto dello strumento) – a porre la parola fine sul tema, svelando l’inganno, ci ha pensato Eurostat stessa per voce del suo direttore, Luca Ascoli“L’impatto a lungo termine del superbonus e dei bonus edilizi sul deficit è esattamente lo stesso, identico sia se il credito fiscale è pagabile sia se non è pagabile. Quello che cambia è il momento in cui vi sarà l’impatto e non l’ammontare totale finale del costo della misura”. [1]

Non solo, in riferimento al fantomatico impatto sul debito pubblico, usato come scusa per il blocco della trasferibilità, lo stesso Ascoli ha tenuto a precisare: “Non è questo il caso. Nel Manuale non è scritto niente di tutto ciò, né Eurostat lo ha detto. Non vi è stato finora alcun impatto sul debito, né vi sarà” . [1-ibidem]

Quindi, niente distinzione fra pagabili e non pagabili e niente impatto sul debito pubblico.

Per capire che i crediti fiscali non impattano sul debito pubblico, è sufficiente scorrere i trattati europei – contenenti le ormai ben note regole, appositamente create in spregio alla dottrina economica, per il saccheggio di popoli e nazioni – e notare come al loro interno, non se ne faccia minimamente menzione.

Del resto, a conferma del detto popolare “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”, chi, nel deep state,  si sarebbe mai immaginato che un giorno qualcuno fuori dal coro, avrebbe avuto l’idea di far emettere la moneta direttamente dal Tesoro.

Perché di questo si tratta!

La differenza sostanziale tra le banconote o i numeri elettronici forniti al Tesoro per provvedere alla spesa pubblica ed crediti fiscali, è proprio che i secondi rispetto ai primi, sono emessi direttamente dal Tesoro stesso e non da una banca centrale in cambio di titoli del debito pubblico, all’interno di quella che è una vera e propria finzione teatrale, per far apparire sulle nostre spalle un debito da ripagare nel futuro, che in realtà invece rappresenta la nostra ricchezza finanziaria.

Ed è proprio su tale violenza dottrinale contenuta nei trattati che i detrattori della spesa pubblica attuata tramite la moneta emessa direttamente dal Tesoro, hanno fatto forza per abbattere lo strumento dei crediti fiscali.

Dice la ditta Bagnai & C., alla quale oggi è appaltato il compito di governare gli interessi della nostra élite: è vero che i trattati non ricomprendono i crediti fiscali nelle voci che compongono il debito pubblico, ma l’utilizzo degli stessi per il pagamento delle tasse farà venir meno per il Tesoro, quelle entrate future che poi impatteranno sul deficit. E se l’aritmetica vuole che la somma dei deficit annuali equivalga all’ammontare del debito pubblico, ecco che abbiamo trovato la ragione logica e contabile dell’impatto sul debito.

Ineccepibile direi, come dargli torto!

L’assunto appena espresso, è la dimostrazione, che anche i paggi del potere, all’occorrenza sanno come funzionano le cose, e questo non fa altro che aggiungere credibilità alla tesi che il diavolo oltre a vestire Prada risiede a Roma.

C’è un “ma”, però! di fronte alla salita in cattedra da parte della ditta Bagnai & C., nessuno (nemmeno i cd promotori della moneta fiscale), nella replica è riuscito ad andare oltre a quella che è la classica risposta che tira in ballo l’ormai famoso “moltiplicatore keynesiano”, secondo il quale – direi giustamente – la spesa effettuata immettendo tax-credit (moneta) nell’economia, stimolando PIL e gettito erariale, ridurrebbe o addirittura annullerebbe, per non dire potrebbe anche migliorare, l’impatto della spesa stessa sui conti pubblici futuri.

Tutto bene! ma la risposta che in questo caso andava fornita per porre fine alla questione attraverso un knock down definitivo, lasciando a terra l’avversario, era un’altra:

Se i crediti fiscali emessi dal nulla dal Tesoro non sono debito oggi, non lo saranno neanche domani, proprio perché qualora ci fosse un impatto negativo a livello dei conti pubblici (sempre in base alle folli e non necessarie regole europee), tale eventuale squilibrio potrà essere sempre coperto attraverso ulteriori emissioni degli stessi.

E qui veniamo al dunque!

Come dimostrato sopra, l’emissione monetaria da parte di un Stato quindi non è mai a debito, ma lo diventa, o meglio la si fa diventare a debito, attraverso l’intervento di una Banca (quella centrale) resa volutamente indipendente dal governo e l’emissione di titoli del debito pubblico che non sono altro che la stessa identica cosa dei crediti fiscali, ovvero moneta fiat.

E’ chiaro a questo punto il motivo del tempestivo intervento del governo Meloni a seguito degli allarmi già lanciati da Draghi, nel bloccare la trasferibilità dei crediti fiscali rendendo lo strumento inefficace.

Non si vuole nella maniera più assoluta che gli stati tornino ad emettere moneta direttamente, questa è la ragione di fondo ed il mandato imprescindibile che la politica ha ricevuto dai poteri che la comandano.

Alle istituzioni europee – e l’intervento del direttore di Eurostat ne è la dimostrazione – mai è interessata la questione crediti fiscali e del Superbonus. Tant’è vero che anche negli altri paesi membri, tale strumento è usato a piacimento.

Del resto la struttura europea attuale non prevede l’unione fiscale e quindi in tale campo ognuno è libero di intraprendere le proprie decisioni. Basti pensare come all’interno dell’Unione stessa siano presenti dei veri e propri paradisi in termini di fiscalità.

Ora ditemi voi, se questa non è l’ennesima dimostrazione che sono proprio i poteri di stanza nel belpaese a volerci tenere privi della nostra sovranità.

L’input di bloccare la trasferibilità dei tax-credit non è arrivato da una decisione della commissione europea o dal Fondo Monetario Internazionale, ma è stata una decisione tutta interna al nostro paese; dove persino chi per anni aveva promosso lo strumento dai banchi dell’opposizione, oggi si è adeguato alla sua distruzione nel nome del sacro principio dell’appartenenza e del tengo famiglia.

Come sempre affermato anche nei precedenti articoli, lungi da chi vi scrivere prendere posizione entrando nel merito della misura fiscale di spesa relativa al Superbonus, che ricordo essere stata confermata anche da questo governo. Ma la riprova di quanto siano fondamentali per la crescita economica, le misure di spesa in deficit, ci arriva direttamente da Banca d’Italia.

Dietro alla tanto decantata performance, per una volta migliore della media europea, dell’economia italiana c’è anche e soprattutto il superbonus per l’edilizia. “Nel 2022 il valore aggiunto dell’economia è aumentato del 3,9 per cento, superando di quasi il 2 per cento il livello del 2019. L’attività è cresciuta soprattutto nelle costruzioni e in modo più contenuto nei servizi, mentre è rimasta pressoché invariata nella manifattura ed è diminuita nell’agricoltura”, si legge nella relazione annuale di Palazzo Kock. [2]

In definitiva, quanto prima ci rendiamo conto che i nostri guai non derivano affatto da quella che il main stream ci prospetta come una guerra di sopravvivenza tra paesi, ma bensì da quella che invece è una vera e propria lotta di classe all’interno del nostro paese e prima  possiamo tornare a sperare per un reale cambiamento.

di Megas Alexandros

Note:

[1] Eurostat: il superbonus ‘non è debito pubblico ma deficit’ – Edilportale

[2] Anche Banca d’Italia certifica l’effetto superbonus. Crescita italiana superiore alla media soprattutto grazie alle costruzioni – Il Fatto Quotidiano

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MEGA ALEXANDROS (ALIAS FABIO BONCIANI)

Economista
Modern Monetary Theory specialist
Author of ComeDonChishiotte