di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Se la capacità di emettere moneta per uno Stato si concretizza in quella che viene definita la spesa in deficit, risulta chiaro come il perseguimento del “pareggio di bilancio” rappresenti per lo Stato stesso una auto-imposizione di fatto a non creare più la moneta che impone sul proprio territorio.
Se addirittura, come avvenuto in Italia, il Parlamento arriva persino a rendere legge costituzionale tale principio (il pareggio di bilancio, ndr); questa decisione, senza giri di parole, rappresenta in tutto e per tutto una dichiarazione con la quale abbiamo ufficializzato al mondo intero la nostra rinuncia ad emettere moneta.
E’ bene essere chiari, questo è un atto di pura autolimitazione della sovranità monetaria, per il quale niente ha a che vedere chi ci sta intorno – inteso come volontà esterne di alcuni paesi membri della Ue o altro – in quanto ad invasione e determinazione di quelli che sono appunto i nostri poteri sovrani.
Su come il cd pareggio di bilancio è stato introdotto nella nostra Costituzione ci sarebbe da dire molto, ma soprattutto andando anche indietro nella storia, si nota come nel nostro paese certe “innocenti” (si fa per dire, ndr) frodi dottrinali si tramandino di generazione in generazione. Molti farebbero fatica a crederlo, ma persino il primo presidente della Repubblica ad essere eletto dal Parlamento italiano – l’intellettuale ed economista di fama mondiale, Luigi Einaudi – tentò di inserire il pareggio di bilancio in costituzione durante l’Assemblea Costituente.
Quello che non riuscì a Einaudi, fu realizzato poi, come ben sappiamo, nel 2012 da Mario Monti, salito a Palazzo Chigi a seguito del noto golpe ordito alle spalle degli italiani, che vide come protagonisti consenzienti tra loro, il comunista preferito da Kissinger, l’allora Presidente delle Repubblica Giorgio Napolitano ed il pidduista Silvio Berlusconi nelle vesti di premier uscente.
A dire il vero – a testimonianza che quello che è gradito ai poteri che operano nel profondo delle nostre istituzioni va oltre rispetto a chi ci mette la faccia – Monti mise solo il sigillo finale a quello che era un iter legislativo già confezionato dal governo del suo predecessore.
Un iter parlamentare che vide posizionare il suo primo mattone l’8 settembre 2011, quando il Consiglio dei Ministri varò, su proposta dell’allora Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, un disegno di legge costituzionale che prevedeva appunto l’introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta Costituzionale. La Commissione Affari Costituzionali e la Commissione Bilancio della Camera dei deputati iniziarono ad esaminare il disegno di legge costituzionale il 5 ottobre 2011 e licenziarono il testo il 10 novembre.
In coerenza con i nuovi indirizzi del Governo, il Parlamento scelse di esaminare più velocemente il disegno di legge costituzionale sul pareggio di bilancio, arrivando persino a generalizzare i suoi contenuti, riconducendoli all’adozione dei principi del ben noto Fiscal compact al quale poi, come sappiamo, aderirono tutti gli stati membri della UE nel 2012.
La norma venne infatti approvata in soli sei mesi, un periodo di tempo alquanto breve, se si considera che una legge costituzionale necessita di quattro letture parlamentari e di una pausa di tre mesi tra la seconda e la terza. In tutte e quattro le letture parlamentari il disegno di legge venne approvato a larghissima maggioranza, ricevendo il voto favorevole sia di chi stava al governo che delle opposizione (a conferma della trasversalità massonica in cui opera il nostro sistema dei partiti, ndr). Dato che i voti favorevoli al disegno di legge superarono i due terzi dei membri di entrambi i rami del Parlamento, non fu necessario ricorrere ad un eventuale referendum confermativo.
Ricordo a chi mi legge che il pareggio di bilancio in sostanza significa che lo Stato spende attraverso la spesa pubblica la stessa quantità di denaro che incassa con la tassazione. Il che, in soldoni, vuol dire lasciare inalterata la quantità di risparmio netto dentro il settore privato (nelle nostre tasche per intenderci, ndr).
Come detto all’inizio, attraverso la messa in atto del pareggio di bilancio lo Stato non sta creando moneta e di conseguenza non aggiunge soldi in aggregato al sistema economico.
Se il debito pubblico corrisponde alla somma della spesa in deficit annuale dello Stato, dal momento che lo stato dichiara di non voler conseguire nessun deficit ma bensì mantenere il suo bilancio in pareggio, ci dovremmo chiedere, in virtù anche del titolo del presente articolo, il motivo per cui il debito pubblico invece sale?
La risposta è alquanto semplice, basta analizzare la realtà dei fatti!
I fatti ci dicono che mai dall’introduzione del pareggio di bilancio in costituzione, come del resto in precedenza, i nostri governi hanno rispettato tale principio.
Questo significa che anziché realizzare bilanci in pareggio i governi che si sono succeduti nel tempo hanno tutti conseguito dei deficit.
In effetti a fronte di decenni di avanzi primari (saldo attivo al netto della spesa per interessi), il bilancio dello Stato è poi sempre andato in deficit a causa appunto della spesa per interessi.
Conseguire avanzi primari per poi dedicare l’avanzo stesso e l’eventuale ulteriore spesa in deficit a fornire un reddito a chi ha risparmio in proporzione del risparmio che possiede, è una azione di politica fiscale di natura talmente regressiva che ha come nefasta conseguenza, quella di compromettere in modo definitivo i sistemi economici di quei paesi che intraprendono tale strada.
Questo è quanto accaduto all’Italia a partire dagli anni ’80, quando pagando interessi con tassi a due cifre, è stato dato inizio a quel processo di allargamento della scala sociale in termini di distribuzione del risparmio tra la gente.
L’esplosione del nostro debito pubblico – fermo restando che non è un problema, qualora gestito correttamente a livello fiscale attraverso politiche indipendenti sull’entità dei deficit che necessitano di essere conseguiti – come possiamo vedere nel grafico qua sotto, si materializza proprio in quel periodo.
L’effetto di un tasso d’interesse di Banca Centrale positivo (>0%) è quello di trasferire ricchezza finanziaria dal 99% della popolazione verso l’1% più agiato.
Più il tasso è elevato, più il trasferimento di ricchezza è veloce.
Ecco perché un tasso nell’ordine del 20% nei primi anni ’80 segna l’inizio di una lunga fase di impoverimento della classe medio-bassa a vantaggio di una minoranza sempre più ristretta ed agiata.
Il tasso d’interesse di Banca Centrale rappresenta una rendita finanziaria sull’economia reale pagata a chi detiene grossi depositi.
Come vedete tali politiche alquanto deleterie per il paese sono iniziate ben prima della nostra entrata nella moneta comune. L’euro e l’insieme delle sue regole sono soltanto funzionali a cristallizzare i vantaggi acquisiti dalla nostra classe elitaria. Servono a far credere alla massa che la perdita di tale autonomia di bilancio per i nostri governi, dipenda da soggetti privi di sovranità come la commissione europea e che sarebbero proprio loro ad impedirci quelle giuste azioni, in termini di politica fiscale, necessarie a stabilizzare di nuovo il nostro sistema economico.
E’ bene ricordare che l’Unione Europea non è una unione fiscale e questo rende ancora più evidenti le bugie dei nostri governanti quando usano l’Europa per coprire la deliberata mancanza di creazione monetaria (spesa in deficit) che da decenni caratterizza le politiche economiche di ogni nostro governo.
La gabbia creata dalle unioni monetarie prive di unione fiscale e bancaria rappresenta il vero problema a livello tecnico dottrinale; il che, volendo essere complottisti (ma neanche tanto, ndr), allo stesso tempo è anche lo strumento in mano ad una ristretta classe elitaria, utile per i loro insaziabili desideri di accumulo.
I noti limiti posti a deficit e debito, contenuti nelle regole decise a Maastricht, in base ai quali è stato consentito ai paesi di usare la moneta unica, sono del tutto privi di valore scientifico a livello di dottrina economica. Ma uscendo questa volta dal complottismo, paradossalmente è giustificata la loro introduzione all’interno di quella che è una ibrida follia rappresentata appunto da una unione monetaria priva come detto di unione fiscale e bancaria.
Provo a spiegarmi meglio!
Dal momento che ognuno (inteso come i governi dei paesi membri, ndr) fa per sé in termini di politiche di spesa, se non vengono imposti limiti al deficit, è chiaro che chi ne fa di più compra l’altro in termini di beni reali.
In mancanza di coordinazione a livello di politica fiscale, ci sarebbe la corsa di un paese a vivere sulle spalle dell’altro. Detto che poi tale corsa, da quando il mondo è mondo, non vede mai in gara i popoli ma bensì da sempre le élite che comandano i suddetti paesi.
E’ chiaro, tanto per fare dei nomi a caso, le élite tedesche non farebbero certo i salti di gioia nel vedere i rentier italiani che si accaparrano i loro preziosi asset.
Ecco spiegati i motivi che soggiacciono all’introduzione di tali limiti.
La conferma che il Vero Potere ha necessità di tenere viva tale narrativa sul debito degli Stati, ci viene dal fatto che tali limiti non sono solo caratteristica del sistema-euro, ma li ritroviamo, finanche in forme diverse in altri paesi, anche in quelli che ci vengono presentati come dotati di sovranità monetaria, gli Stati Uniti su tutti.
Il tetto al debito (debt ceiling), ovvero il limite alla quantità massima di creazione monetaria consentita ai governi USA, rientra anch’esso nella novella che puntualmente ci raccontano sull’arrivo di quel fatidico giorno in cui gli Stati Uniti finiranno i soldi.
Il debito pubblico italiano, ovvero il contatore numerico dentro i computer del Tesoro e di Bankit – ci avvertono i giornali con articoli allarmistici – sta per superare i 3.000 miliardi.
Non scende da oltre due secoli, ovvero da quando gli italiani erano 20 milioni.
Oggi, che la popolazione nel nostro paese ha raggiunto i 60 milioni, significa che tutto questo “debito” ha prodotto la bellezza di 40 milioni di vite umane in più.
Chi ancora continua a raccontare balle sul debito pubblico è di fatto contro la vita e di conseguenza si pone direttamente dalla parte di Satana.
di Megas Alexandros
0 commenti