di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Equiparare lo Stato monopolista della moneta, ad un’azienda o ad un buon padre di famiglia, è uno dei leitmotiv che accompagna le nostre vite da decenni. Una sorta di indottrinamento ripetuto incessantemente dalla politica e dalla stampa tanto da essere accettato come veritiero dalla maggioranza di tutti noi, diventando un riflesso condizionato che non merita nemmeno verifica empirica.
Lo Stato non ha soldi?
Come qualsiasi imprenditore in crisi di liquidità deve andare in banca o sui mercati a farseli prestare.
Lo Stato ha debiti enormi?
Come un normale cittadino indebitato deve correre a vendere parte del suo patrimonio per ridurre il proprio indebitamento.
Così ci raccontano ormai da tempo immemore i già citati politici in primis, ai quali si aggiungono i noti economisti accreditati nelle stanze che contano e come detto la stampa main stream da sempre al servizio della propaganda del Potere.
E purtroppo sono ancora molti quelli che ci credono!
Del resto, per i più, non costa nemmeno tanta fatica crederci: l’uomo della strada difficilmente è in grado di sostenere ed argomentare il contrario, dal momento che egli stesso è costretto a comportarsi di conseguenza di fronte alle medesime situazioni appena descritte.
A tale estrema difficoltà nel riuscire a realizzare come realmente stanno le cose, contribuisce in modo direi alquanto magico, anche quella che io chiamo la favola del “dindo d’oro” che di generazione in generazione, ogni padre racconta ai propri figli fin dal giorno della loro nascita.
Ora, lungi da me incolpare tutti i padri del mondo per un qualcosa che è stato ideato e diabolicamente protetto nei secoli dal Vero Potere ed ormai è un cromosoma ben definito dentro la struttura del DNA della maggioranza.
Sul fatto che le banconote che abbiamo nei portafogli ed i numeri che leggiamo sui nostri estratti conto, rappresentino ancora nell’immaginario dei più, inconsciamente o meno, oro allo stato puro, credo che chi di noi si pone l’obbiettivo di sfatare questo mito, debba assolutamente prenderne atto.
Come del resto non ci sono dubbi sul fatto che ogni bambino che cresce, arrivi in età adulta con il meccanismo mentale che per ottenere soldi ci si debba recare in banca a farseli prestare.
Su questi presupposti o meglio su queste “credenze” è facile far accettare alla gente che anche lo Stato debba seguire lo stesso percorso e sottostare alle medesime regole per procurarsi i soldi.
Tutto questo come se il denaro fosse una merce rara che si trova e si estrae in natura!
Invece non è così!
I soldi sono una produzione esclusiva dello Stato che li crea letteralmente dal nulla, rendendoli necessari ed appetibili dentro il paese attraverso l’esercizio della sua sovranità (corso forzoso e tassazione). Non esiste nessuna garanzia reale sottostante per la moneta creata dallo Stato, eccetto che la sua accettazione in cambio del pagamento delle tasse; tanto meno la sua “presunta” un tempo, convertibilità in oro.
Tale creazione, tecnicamente illimitata, ripeto non necessita che lo Stato debba procurarsi qualcosa in precedenza o che debba essere sottoposto a particolari prestazioni né sottostare ad onere di ogni sorta. Semplicemente deve solo tenere conto del pieno sfruttamento delle risorse reali di cui il paese dispone (in primis quelle umane) e dell’impatto inflattivo della spesa che lo Stato stesso va ad effettuare con la moneta che crea.
Per chi ha compreso tutto questo, resta difficile dare un senso alle chiare parole del ministro Giorgetti di poche settimane fa, dove – aderendo alla proposta partorita (pensate un po’!) da MF-Milano Finanza – a fronte di un alto indebitamento dello Stato si dichiara favorevole a dismettere parte del patrimonio immobiliare pubblico con il chiaro intento di ridurre appunto tale passività. [1]
Partendo da quello che è il concetto puro di passività – ossia gli obblighi finanziari di un’azienda o di un individuo verso terzi – la prima riflessione che debba sovvenire, è quella che un “obbligo finanziario” (di fatto la necessità di denaro in una determinata valuta) – per colui che, come abbiamo appena spiegato, tale valuta la crea dal nulla in regime di monopolio – appare del tutto ininfluente.
Insomma per essere più chiari, se i miei debiti sono rappresentati da numeri denominati nella valuta che io stesso posso emettere in termini di esclusività, di fatto tali debiti sono privi di valore reale per il sottoscritto. Non ho necessità di correre ad eseguire prestazioni o dismettere asset di proprietà per procurarmi il denaro occorrente a saldare tali debiti, ma lo posso fare attraverso una semplice creazione.
Con la speranza che tutto questo sia chiaro, passiamo al passo successivo ed andiamo a vedere quali sono realmente nel concreto queste passività dello Stato che Giorgetti intenderebbe saldare attraverso la vendita (che con la nostra classe politica poi sappiamo trasformarsi facilmente in “svendita”, ndr) di immobili pubblici.
Ci siamo, la passività per eccellenza di cui ogni paese del pianeta risulta dotato è l’ormai più che famoso alle nostre cronache:
Debito Pubblico
Cosa è il debito pubblico?
Semplice, a livello contabile il debito pubblico rappresenta esattamente al centesimo la somma della spesa in deficit (spesa pubblica dedotte le tasse incassate) che lo Stato ha effettuato ogni anno solare.
Trattasi, sempre al centesimo, del risparmio netto presente nelle nostre tasche, quelle del settore privato per intenderci (famiglie, aziende, banche, ecc.)
A questo punto sarebbe indicato nonché apprezzato l’intervento del noto giornalista Antonio Lubrano di Scampamorte, con la sua classica esclamazione con la quale durante le sue apparizioni televisive, faceva precedere la spiegazione di fantastiche verità:
La domanda nasce spontanea!
A chi lo Stato dovrebbe restituire il denaro che identifica il debito pubblico, denaro oggi nelle nostre tasche (più che altro in quelle di una ristretta élite, ndr), tanto che il ministro Giorgetti si dichiara pronto a vendere i gioielli di famiglia pur di onorare (si fa per dire!) tale debito?
Risposta:
A nessuno!
Qualcuno di voi, in questo momento, credo si senta un po’ preso in giro! e quindi è essenziale farvi capire chi tra Megas ed il ministro Giorgetti, è colui che realmente si sta prendendo gioco di Voi.
La passività che rappresenta il debito pubblico non è altro che un numero dentro i conti del Tesoro e della Banca Centrale, che ripeto identifica la differenza tra quanto lo Stato ha speso negli anni e quanto ha incassato con il prelievo fiscale. Niente di più!
Nessun debitore risulta dietro a questo “fantomatico” debito, che di contro potrebbe essere chiamato anche “credito pubblico”, stante il fatto che rappresenta il risparmio del settore privato, ovvero l’ammontare totale che lo stato si impegna a ricevere indietro in pagamento delle tasse.
Solo questo è l’impegno dello Stato rispetto al debito pubblico.
Un impegno che certamente costerebbe zero allo Stato, ma di contro, la sua applicazione comporterebbe la fine del nostro sistema economico fondato sulla moneta fiat e di conseguenza anche la fine del mondo così come lo conosciamo, con il ritorno ad altre forme di economie caratteristiche del passato.
Del resto, anche se volessimo fare della realtà un teatro, nessuno è mai venuto al ministero del Tesoro a richiedere indietro il denaro che rappresenta questo fantomatico debito, tanto meno si è presentato alla porta dei nostri figli, che secondo la vulgata comune della politica, sarebbero coloro che sono destinati un giorno a farsene carico.
Già Vi sento! molti ribatterebbero che il debito pubblico è rappresentato dai così detti titoli di stato (i noti Btp), che sono in mano agli investitori privati, ai quali dovremmo restituire tali somme.
L’emissione di un titolo di stato, un residuo del gold standard – oggi, stante la moneta fiat, è totalmente inutile nel processo di creazione monetaria da parte dello stato – a livello contabile serve solo a rispettare una decisione politica (non tecnica), che impone al Tesoro di non lasciare il proprio conto in rosso presso la Banca Centrale.
Quindi cosa avviene nei fatti: lo Stato crea moneta spendendo in deficit e poi copre il conto presso la sua Banca Centrale attraverso un’altra creazione dal nulla di bond (anch’essi moneta fiat), i quali vengono acquistati dal settore privato mediante le medesime riserve create ed immesse nel settore privato stesso attraverso la già citata spesa in deficit.
Un classico gioco delle tre carte per far apparire un debito quello che nei fatti sarebbe solo una partita di giro fra il Tesoro e la Banca Centrale, qualora la stessa provvedesse come ha già fatto attualmente per per circa il 30 per cento del debito pubblico a monetizzare la parte restante.
Certo i bond assolvono anche ad altre due funzioni, entrambe non necessarie: la prima a fornire un reddito a chi ha risparmio in proporzione al risparmio che possiede (misura di spesa altamente regressiva per il sistema economico); e la seconda a gestire la curva dei tassi, operazione che potrebbe essere fatta tranquillamente per mezzo di un decreto;
Quindi secondo Giorgetti, supportato persino dal consigliere delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina che ha fatto propria la proposta proveniente da MF-Milano Finanza, (affermare che il banchiere fosse alquanto interessato è puro eufemismo), lo Stato italiano dovrebbe immediatamente procedere alla vendita di 300 miliardi di immobili pubblici per andare a saldare quello che è identificato un debito di fatto privo di un debitore.
Ed allora perché il ministro e certi banchieri si adoperano tanto in tal senso?
Anche qua la risposta è alquanto semplice: la nostra élite piena zeppa di risparmio estorto negli anni agli italiani in conseguenza della delinquenziale applicazione delle note politiche lacrime e sangue da parte di ogni governo che si è insediato a Palazzo Chigi nell’ultimo trentennio, vuole accaparrarsi beni di valore ed asset di natura monopolistica appartenenti allo Stato (quindi a noi italiani), per goderne degli ingenti flussi di reddito che gli stressi producono.
L’ormai nota stagione delle privatizzazioni, che come ci conferma lo stesso Giorgetti, iniziata nel 92′ e mai finita, sotto la direzione di Mario Draghi di cui l’attuale ministro del Mef ne rappresenta il delfino più fidato:
«Per quanto riguarda la vendita di immobili pubblici sono assolutamente favorevole, bisogna trovare quelli che li comprano a un prezzo giusto, equo e remunerativo. Stiamo lavorando in questo senso ma è chiaro che larga parte del patrimonio pubblico che generava reddito è già stato alienato in altra epoca e in altro frangente storico».[1-ibidem]
Ecco, mettiamo attenzione a queste parole del ministro: “larga parte del patrimonio che generava reddito” – avete capito bene, stiamo dando ai privati patrimonio fruttifero di alta redditività, cosa che poi a livello di flussi di reddito verrà a mancare dentro le casse di uno stato come il nostro, sempre più legato mani e piedi dentro i vincoli di bilancio per via di una deliberata mancanza di esercizio della nostra sovranità, oggi appaltata a terzi.
Detti flussi di reddito (Autostrade ne è l’esempio più significativo), vanno ed andranno sempre più nelle tasche dei lor Signori che ormai detengono il potere oligarchico nel belpaese, i quali si guardano bene dal reinvestirli in loco, ma li dirigono verso tutt’altre mete. Del resto non è certo un segreto che tutta questa immensa massa di denaro poi finisca nei così detti paradisi fiscali paradisi fiscali e nei “pozzi” senza fine di chi gestisce il “casinò” della grande finanza internazionale.
Sarebbe interessante chiedere a Giorgetti una spiegazione tecnica con la quale farci capire come una vendita di un asset pubblico arrivi ad abbattere il debito dello Stato, oggi superiore a 2.800 miliardi, ovvero a ridurre in termini nominali il risparmio privato.
E’ proprio Giorgetti a dirci che questa operazione comporterebbe una riduzione del debito pubblico e consentirebbe di «liberare l’Italia dall’essere il Paese più indebitato di tutti i maggiori Stati dell’Unione Europea e tappare così la bocca a chi a Bruxelles non aspetta altro che il default dell’Italia».
La cifra di 2.800 miliardi – che rappresenta il nostro debito pubblico – in termini nominali può essere ridotta solo in un modo: esclusivamente attraverso avanzi di bilancio, ossia lo Stato tassa noi cittadini più di quanto ci fornisce con la spesa pubblica. Di fatto una tragedia per la nostra economia che naviga da decadi in stato recessivo, con un aumento della povertà del 41% negli ultimi cinque anni.
Forse Giorgetti, ormai assuefatto e fedele ai dogmi di Maastricht, non intende abbattere il debito in termini nominali ma bensì in rapporto al Prodotto interno lordo del paese. E’ chiaro vorrebbe utilizzare questi 300 miliardi ricevuti da chi acquista le proprietà pubbliche per spenderli a deficit e giocare con l’effetto moltiplicatore di tale spesa, nell’ottica di aumentare il nostro Pil e quindi ridurre il suo rapporto rispetto il debito pubblico.
Ma se vogliamo fare l’avvocato del diavolo, arrivando persino a sostenere il loro gioco fraudolento basato sui parametri del fiscal compact, non possiamo non appuntare al ministro Giorgetti che tale spesa necessariamente in deficit, andrebbe a sforare i limiti dell’altro dogma che caratterizza appunto i trattati di Maastricht, ovvero il rapporto deficit/Pil.
Va bene, non facciamo i pignoli, abbiamo imparato con il tempo che tali parametri totalmente privi di onore scientifico, vengono usati ed abbandonati allo stesso tempo da chi ci governa a seconda di quello che comoda loro in quel momento. E nel caso in questione fa comodo rispettare il parametro debito/Pil per giustificare la svendita, e non considerare al momento il parametro deficit/Pil per gli stessi motivi.
Ma che idea geniale!
Uno Stato che, in quanto monopolista della moneta, può crearsi facilmente con un battito di click su un computer i 300 miliardi in questione, secondo Giorgetti dovrebbe invece cedere le sue proprietà immobiliari più redditizie a privati. I quali poi, c’è da domandarci con quali soldi le comprano?!
Semplice anche questa risposta! qualcuno potrebbe pensare che lo facciano con i loro cospicui risparmi (che ricordo essere “moneta” sempre creata dallo Stato ed elargita loro attraverso politiche fiscali compiacenti).
Ma neanche per sogno!
Ricorrono alla moneta creata dal nulla accedendo al credito bancario (anch’esso direttamente controllato dallo Stato se non avesse appaltato il servizio alla sua Banca Centrale, all’interno di quella che è la favola che ci raccontano sulla imprescindibile indipendenza degli Istituti centrali dai governi), che ripagheranno poi con i flussi di reddito derivanti dall’affittare le medesime proprietà allo Stato stesso.
Siamo ben oltre il paradosso e direi anche dentro quella che è una truffa ben documentata allo Stato.
Guardate, anche a volersi prostituire intellettualmente – arrivando ad accettare persino la narrativa fraudolenta dello Stato assimilato ad un comune imprenditore operante nel privato – non sarebbe minor danno per le casse pubbliche, se Giorgetti, in quanto ministro del Tesoro, facesse accendere direttamente al suo ministero un mutuo di 300 miliardi rimborsando la rata con i medesimi flussi di reddito che il ministro oggi, inspiegabilmente, vuole consegnare ad altri!?
Mi chiedo e dovreste chiedervelo anche Voi, quando arriverà l’ora che un magistrato si decida a mettere gli occhi su gli innumerevoli reati che i rappresentanti delle nostre istituzioni, più o meno ingenuamente, commettono quotidianamente nell’esercizio delle loro funzioni?
di Megas Alexandros
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