Hitler, i ME.FO., la creazione di moneta e le cambiali: riscriviamo insieme la storia della sua fine!

23 Agosto 2023 | Economia, Geopolitica | 2 commenti

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Sulla fine di Adolf Hitler, come su quella di qualsiasi altro personaggio mondiale, che nel bene o nel male hanno deciso le sorti dell’umanità, oltre all’accettata verità che ci viene raccontata sui libri di storia, parallelamente abbiamo assistito da sempre negli anni successivi alla loro morte, a racconti più o meno credibili che sovente, di fatto, rovesciano completamente la verità storica apparentemente accertata.

Non chiedetemi il perché ma nei commenti del mio ultimo articolo pubblicato su ComeDonChischiotte.org – alcuni dei più assidui commentatori hanno introdotto un interrogativo molto interessante che in un certo modo potrebbe portare a riscrivere la storia del dittatore nazista tedesco Adolf Hitler sulle reali motivazioni che hanno portato alla sua fine.

“Zio Adolfo forse era Marxista senza saperlo…..” – ha azzardato un commentatore in modo piuttosto deciso quasi sconfinando nel blasfemo per molti, ma non per il sottoscritto, al quale immediatamente si è accesa la solita lampadina della ricerca della Verità che grazie a Dio, conservo ancora nella mia testa.

Di fronte a questa affermazione che più la leggevo e più mi piaceva, mi sarei aspettato che i commentatori si fossero rivoltati in massa contro il coraggioso poveretto, ed invece, con mia grossa sorpresa e direi anche illuminata felicità, alcuni di loro hanno raccolto la provocazione e si sono messi immediatamente alla ricerca di note storiche che potessero confermare tale nuovissima ed avventurosa Verità.

Chiariamo subito che, con questa analisi, non è mia intenzione nella maniera più assoluta cancellare l’immane criminalità di cui si è macchiato il regime nazista condotto da Hitler, culminata con i campi di concentramento e le camere a gas che hanno visto morire milioni di esseri umani.

Quello che però vorrei accertare – e per questo chiamo a raccolta i lettori/commentatori che già si sono esposti ed attivati per la ricerca – se dietro la fine di Adolf Hitler e del suo regime, come motivazione nascosta, possa veramente nascondersi anche la sua certificata avversione al potente mondo della finanza ed all’uso che il Führen fece della moneta moderna a favore del popolo nel mettere in atto il suo piano economico-monetario perfettamente congegnato per ricostruire una Germania, uscita distrutta e fortemente sanzionata dalla prima Guerra Mondiale.

Il più che noto Trattato di Versailles – che all’epoca fu molto criticato anche da alcune voci tra i vincitori, inclusi economisti come John Maynard Keynes, proprio per i forti diktat contenuti al suo interno ed imposti alla Germania – sappiamo tutti che fu la principale causa che portò a gettare le basi per l’ascesa al potere di Hitler e poi allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Una Germania distrutta con un popolo costretto a privazioni di ogni genere e lavorare duramente per ripagare gli ingenti danni di guerra con beni reali invece che con moneta creata dal nulla, era chiaro che prima o poi sarebbe esploso, cercando protezione e salvezza in quel dittatore che in ogni suo discorso prima di salire al potere affermava e prometteva quello che la gente voleva sentirsi dire e concedere.

Ma a differenza dei politici a cui siamo abituati ai nostri giorni, Adolf Hitler, una volta al potere mantenne alla lettera tutte le promesse che aveva fatto nella sua cd campagna elettorale.

Dopo che Hitler vinse le elezioni nel 1933 – ci riporta un nostro utente nei commenti citando la fonte in tedesco – si sarebbe rivolto al Reichstag con le seguenti parole:

“Qui una legge determinerà tutte le azioni. Il popolo non vive per l’economia e l’economia non esiste per il capitale, ma il capitale serve l’economia e l’economia serve il popolo.”

Un principio che oggi viene ribaltato, in quanto chi non serve all’economia sarebbe per Harari & Co. un “mangiatore inutile”.

“Verissimo! – ribatte colui che ha dato inizio alla discussione – e zio Adolfo disse ai grandi imprenditori…vi tasserò al 6 % i redditi che reinvestite in Germania , ma al 43 % quelli investiti all’ estero e ricordate che voi fate soldi a palate solo perché noi ve lo permettiamo (da DAVID IRVING)”.

E’ chiaro che se vogliamo dare una risposta diversa a quella che ci forniscono i libri sull’argomento che ci interessa, non possiamo prescindere dall’analizzare quelle che furono  le politiche economiche di Hitler ed il miracolo economico tedesco, ovvero, uno degli aspetti più censurati dalla storia.

E per farlo vi consiglio la lettura di questo scritto di Paolo Germani [1], segnalatomi dal coraggioso lettore che ha lanciato il sasso per riscrivere la storia di Adolf Hitler. Uno scritto, del quale mi servirò di alcuni passaggi, intrecciandoli con la spiegazione di quello che fu lo stratagemma di politica monetaria che il dittatore tedesco mise in piedi per finanziare l’imponente spesa del suo governo.

La Germania di Hitler fu in effetti il primo paese al mondo a liberarsi dal giogo della grande finanza internazionale, a introdurre politiche economiche e monetarie in grado di farli uscire dalla Grande Depressione, a raggiungere la piena occupazione in soli cinque anni, ad introdurre la cultura dell’innovazione nell’industria ed in ogni altro settore economico, ad approvare un insieme di riforme sociali che, all’indomani della seconda guerra mondiale, divennero un modello da seguire per le classi lavoratrici dei paesi occidentali.

Cinque verità ferocemente censurate e nascoste. Chiunque osi rompere questo muro di omertà è destinato, o prima o poi, ad essere fagocitato dal sistema censorio e dalla repressione. Cinque verità che non possono emergere, altrimenti la gente potrebbe accorgersi che la narrativa ufficiale è soltanto un falso – scrive Germani.

“Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato” (G. Orwell, “1984”)

Quando il 30 gennaio 1933 Hitler arrivò al potere, la Germania era stata svuotata di ogni sua ricchezza. Dopo la crisi del ’29 gran parte degli immobili, delle fabbriche e delle case erano finiti nelle mani delle banche private, controllate per lo più dalla grande finanza ebraica. Il crollo della produzione industriale era stato  del 50%. La disoccupazione aveva raggiunto il 30% della forza lavoro.

La Germania era nel caos ed i tedeschi erano considerati gli straccioni d’Europa. Un popolo impoverito, ferito nell’orgoglio, sommerso dai debiti di guerra e all’apparenza senza più speranza.

Due giorni dopo essersi insediato come Cancelliere, Hitler si rivolse alla nazione via radio. Tutti sapevano che, con sei milioni di senza lavoro, centinaia di migliaia di senza tetto e la produzione industriale paralizzata, la più importante priorità era quella di riavviare la vita economica della nazione, soprattutto fronteggiando la disoccupazione e offrendo lavori produttivi. Queste furono le parole di Hitler:

Il nuovo governo dovrà riuscire nel compito di riorganizzare l’economia della nostra nazione tramite due grandi piani quadriennali. Gli agricoltori tedeschi vanno aiutati a mantenere le forniture alimentari della nazione e, di conseguenza, il suo fondamento vitale. L’operaio tedesco verrà salvato dalla rovina con un attacco concertato e globale contro la disoccupazione“.

Entro quattro anni la disoccupazione sarà definitivamente risolta. I partiti marxisti e i loro alleati hanno avuto 14 anni per dimostrare ciò che potevano fare. Il risultato è un ammasso di rovine. Ora, popolo di Germania, dacci quattro anni e poi ci giudicherai!

In politica economica, il primo grande passo del Terzo Reich fu la completa rottura col sistema bancario internazionale, il quale si era arricchito immensamente, con il finanziamento del debito e con l’usura, mettendo in ginocchio l’intero paese.

La risposta dell’ebraismo mondiale, che gestiva quel sistema bancario internazionale contro cui si era mosso il nazismo, non si fece attendere. Il 23 marzo 1933, neanche due mesi dopo l’ingresso al governo di Hitler, gli ebrei dichiararono guerra alla Germania:

Alla dichiarazione di guerra segui un boicottaggio mondiale delle merci tedesche ed una feroce campagna globale di diffamazione, come non si era mai vista prima. Ma nel giro di due anni, la Germania era comunque in piedi. Aveva una moneta solida ed una crescita stabile, senza inflazione.

A contribuire in maniera più che determinante al miracolo tedesco, fu Hjalmar Schacht, un banchiere ebreo di primo piano e un esperto di questioni economiche e finanziarie con una impressionante carriera alle spalle, sia nell’industria privata che in quella pubblica. Una figura della cui collaborazione si avvalse Hitler, fino a nominarlo Presidente della Banca Centrale tedesca e in seguito anche Ministro dell’Economia, pur non essendo Schacht un nazionalsocialista.

La disoccupazione fu subito il nemico da contrastare con tutte le forze. Arrivarono immediatamente stimoli per l’industria privata, con sussidi e sconti fiscali. Si incentivò la spesa al consumo, ad esempio concedendo prestiti matrimoniali, e fu lanciato un massiccio programma di opere pubbliche che vide la costruzione di autostrade, alloggi, ferrovie, infrastrutture logistiche, canali e idrovie navigabili.

In soli quattro anni, attraverso una politica monetaria indipendente, un intenso programma di lavori pubblici e la diffusione di un messaggio ideologico ben strutturato, il Terzo Reich fu in grado di trasformare una Germania povera e in bancarotta, spogliata di ogni sua ricchezza, comprese le colonie d’oltremare, nell’economia più forte d’Europa. Nel 1937 il popolo tedesco godeva di benefit e diritti sociali che nessun altro popolo al mondo aveva mai avuto o sognato di avere.

E tutto questo, è bene chiarirlo ancora una volta, prima di avviare la spesa per gli armamenti – tiene a precisare Germani.

Negli anni trenta il miracolo economico della Germania suscitò l’incredulità e l’ammirazione di tutto il mondo. E non fu casuale se nel 1938 Hitler venne nominato “uomo dell’anno” dalla rivista Time o se il Mein Kampf venne tradotto in tutto il mondo, dal Sud America all’estremo oriente, con vendite da capogiro. Il miracolo economico tedesco fu un caso di studio globale, per tutti gli economisti, ad ogni latitudine.

All’epoca il mondo era immerso nel buio più totale della grande depressione e non riusciva a uscirne. La povertà si allargava ogni giorno, fino ad inghiottire l’intera classe media. La Germania era considerata un faro di luce e speranza, perché aveva superato la deflazione e si era lasciata alle spalle una crisi epocale, in poco tempo, creando ricchezza per tutti, in primis per il suo popolo, ma non solo. La Germania aveva riattivato ovunque il flusso dei commerci, generando ricchezza anche per gli altri popoli.

Tutti volevano carpirne i segreti per utilizzare quelle ricette nel proprio paese ed Il caso Hitler venne studiato per decenni, da economisti e sociologi.

In realtà, dietro il boom economico tedesco non c’era nessun segreto. La Germania era semplicemente riuscita a liberarsi dal giogo della finanza apolide internazionale, sia al suo interno che nei rapporti con l’estero. Da quel momento storico in poi il popolo tedesco incominciò a lavorare per migliorare il proprio benessere e smise di lavorare per arricchire i banchieri internazionali.

Come già accennato l’elemento fondamentale, senza il quale il miracolo tedesco confezionato da Hitler non sarebbe potuto neanche iniziare, fu quello di riappropriarsi di una politica monetaria indipendente. In poche parole, il governo tedesco guidato da Hitler – costretto dai paletti del Trattato di Versailles, agli odierni e tanto cari a Grecia ed Italia, surplus di bilancio – decise di mettere in piedi una struttura contabile separata, per riappropriarsi di quella sovranità monetaria che avrebbe consentito al suo governo di spendere in deficit tutto l’occorrente per rimettere in moto la macchina produttiva tedesca. Una struttura diciamo parallela, di fatto fuori dal bilancio ufficiale dello Stato, per non dare nell’occhio a quei governanti ed alla finanzia internazionale (ideatori del Trattato di Versailles), che avevano tutto l’interesse a tenere la Germania a corto di denaro, per depredare più facilmente popolo e nazione.

Sto parlando degli ormai famosi ME.FO., così come vennero chiamati i titoli che venivano emessi dalla Metallurgische Forschungsgesellschaft m.b.H (“Società per la ricerca in campo metallurgico”) [2] – una società fittizia del Terzo Reich, per la storia appositamente creata per finanziare il riarmo bellico tedesco, aggirando il Trattato di Versailles.

Sulla questione che tale strumento fosse stato pensato, fin dall’inizio da Hitler, con la finalità di riarmarsi per far tornare in guerra il paese, ci sono molte discordanze; ad esempio Germani non concorda sul punto, che per una valutazione finale consona del personaggio Hitler e delle sue reali intenzioni, andrebbe certamente approfondito.

Detto questo, la cosa che interessa in questo momento – stante il fatto che la situazione della Germania come rappresentata risulta veramente molto simile a quello che da anni stanno vivendo molti paesi europei compreso il nostro – è capire in cosa realmente consisteva il riappropriarsi della sovranità monetaria da parte di Hitler, identificata da molti nello strumento dei ME.FO.

E bene chiarirlo subito, Hitler non inventò niente di nuovo nel modo più assoluto! usò semplicemente la stesso strumento che già esisteva e che a tutt’oggi usiamo nel mondo, ovvero quella che definiamo la cd moneta moderna fiat.

In una economia cd moderna, dove il baratto è praticamente in disuso, per scambiarci beni e servizi, usiamo le banconote che abbiamo in tasca ed i numeri elettronici che evidenziano il saldo dei nostri conti bancari, entrambi prodotti in regime di monopolio dalle banche centrali e dai suoi agenti ed immessi nelle nostra disponibilità dai governi attraverso la spesa pubblica oppure dalle banche commerciali mediante i prestiti.

Sui ME.FO se ne sono dette tante e tante se ne sentiranno dire ancora; chi li identifica come moneta parallela, chi come titoli di Stato e chi come come qualche commentatore in coppia addirittura con Wikipedia (riportato nelle note), come cambiali.

Quello che dobbiamo comprendere bene, è che uno Stato che ha la facoltà di emettere moneta in regime di monopolio, facoltà conferitagli dalle leggi che esso stesso emana e dalla forza del suo esercito, non può essere equiparato a qualsiasi cittadino od impresa privata, i quali per reperire la moneta devono gioco forza poterla ricevere da chi la emette o farsela prestare.

Far passare il messaggio che Hitler riuscì nel miracolo di risollevare la Germania firmando cambiali come il bottegaio sotto casa, è totalmente fuorviante da quella che è la realtà che deriva analizzando tecnicamente lo strumento che egli usò per compiere il miracolo appena citato.

Hitler era il capo del governo e quando accettava i titoli (le cd “tratte” Me.Fo.) – mediante questa società fittizia (di cui l’unico azionista era la banca nazionale stessa, la Reichsbank, statalizzata mesi prima) comprovanti il pagamento delle commesse, consentendone la circolazione e soprattutto la conversione in Reichsmark (la valuta tedesca di allora) – stava di fatto emettendo moneta!

Una firma apposta da uno Stato Sovrano, su un pezzo di carta denominato nella propria valuta, purché lo si chiami banconota, titolo di stato, cambiale o come volete voi, rappresenta a tutti gli effetti moneta fiat… questo vorrei che fosse ben chiaro a tutti!

Ed a niente servono le varie polemiche surrettizie che si mettono in piedi sul nome di un titolo bypassando totalmente quella che è la sua vera natura.

Se prendi un bambino di cinque anni, fai vedere lui una pera ed una mela, gli indichi chiaramente come si chiamano e poi il giorno dopo mostrandogli una pera gliela chiami mela, lui ti risponderà deciso: “No, questa non è una mela, è una pera!”.

Ecco questo è il succo su ogni tipo di polemica che possa nascere da chi mette in dubbio che il miracolo di Hitler abbia avuto a fondamento la moneta moderna fiat.

Nel 1932, l’anno prima che Hitler prendesse il potere, il debito nazionale della Germania era di circa 10 miliardi di Reichsmark, mentre nel 1938 era arrivato a 19 miliardi a cui vanno aggiunti 12 miliardi di Reichsmark in banconote MEFO. In altre parole, Hitler e Schacht, triplicarono il debito tedesco della Germania in soli sei anni, ma più della metà dell’aumento era fuori bilancio.

Avete udito bene! triplicarono il debito pubblico e come per magia senza provocare la minima inflazione.

Dove sono quelli che dicono che stampando moneta si crea inflazione!

E’ come se da ora fino al 2029 il nostro governo portasse il debito pubblico italiano da 2.800 a 8.400 miliardi.

Sai che crescita!!!

Un problema Hitler lo incontro con le importazioni, dato che la Germania non era un paese autosufficiente. Oltre a questo, l’inconvertibilità del Reichsmark dovuta alle sanzioni, rendeva problematico l’approvvigionamento di gomma e di petrolio in primis. Fu così che Schachtm per svincolarsi dalla dipendenza del sistema dei cambi internazionali e delle borse valori (specialmente di Londra e di New York), fece accordi con i suoi fornitori principali come la Spagna, l’Unione Sovietica e la Turchia, i quali in cambio delle proprie materie prime, ricevevano dei buoni del tesoro spendibili unicamente sul mercato tedesco per acquistare prodotti finiti fabbricati in Germania. In pratica accordi di partnership per scambiarsi prodotti attraverso l’uso delle valute nazionali, esattamente come sta mettendo in piedi oggi il presidente Vladimir Putin in conseguenza delle sanzioni che hanno portato al blocco delle riserve e della de-dollarizzazione in atto.

Leggendo questa ricostruzione storica, le somiglianze a livello di condizioni economiche della Germania pre-Hitler con la situazione odierna di paesi come il nostro e la Grecia, sono più che evidenti.

Altissima disoccupazione, deflazione salariale e lavoro precario, aumento della povertà assoluta, governi in mano alle lobbies locali ed alla grande finanza internazionale costretti a prendere la propria moneta a prestito ed ingabbiati dai vincoli di bilancio che non permettono loro di poter creare la quantità di moneta necessaria a far riprendere l’economia…. sono solo alcune delle caratteristiche più evidenti che ci accomunano a quel periodo storico.

Insomma, la riconquista dell’indipendenza monetaria quale reazione di Hitler all’oppressione della lobbies finanziaria, potrebbe veramente essere stata una delle regioni che più interessavano a certi poteri di stanza in Europa e/o emigrati negli Stati Uniti, per buttarlo giù dal trono e riportare in Germania le quantomai note odierne e devastanti politiche economiche ultraliberiste.

Una fine che poi abbiamo visto fare negli anni più recenti ad altri dittatori prima osannati dall’occidente e poi abbattuti quando intendevano liberarsi dal giogo del debito attraverso il riprendere il controllo della propria valuta.

Sarà per questo che i nostri governanti, pur di fronte all’evidente distruzione messa in atto dal sistema-euro, non intendono minimamente abbandonarlo!

di Megas Alexandros

Note:

[1] Il miracolo economico della Germania di Hitler. Paolo Germani – www.altreinfo.org

[2] Metallurgische Forschungsgesellschaft – Wikipedia

 

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2 Commenti

  1. Franco

    Grazie, Fabio, per l’eccellente descrizione dei Me.Fo. di cui conoscevo solo il nome, ma non la steategia economica sovrastante. Non mi sorprende affatto che nessuno prima ne abbia scritto compiutamente. Certe verità non vogliono che siano conosciute! Viviamo un periodo tremendamente buio.

    Rispondi
    • Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

      Si, anche Hitler uso’ la moneta fiat per ricostruire il paese…. non esiste alternativa se vogliamo ricostruire anche l’Italia.
      Naturalmente facendone un uso a vantaggio del popolo e non come viene fatto adesso, nell’esclusiva interesse di pochi e del mondo finanziario.

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MEGA ALEXANDROS (ALIAS FABIO BONCIANI)

Economista
Modern Monetary Theory specialist
Author of ComeDonChishiotte